"Il '68 di chi non c'era (ancora)" Lit. 22000 (Rizzoli 1998)
a cura di Raul Montanari
Carlo Lucarelli è presente con "'68"
Alcuni autori raccontano il '68 attraverso
le loro esperienze
sono presenti anche Dario Voltolini, Andrea
G. Pinketts, Davide Pinardi, Helena Janeczek,
Giuseppe Caliceti, Tiziano Scarpa, Luca Doninelli,
Pino Corrias, Aldo Nove, Rossana Campo

"'68 "
di Carlo Lucarelli
Nel 1968 io ero un militare.
Non nel senso tecnico del termine: avevo
otto anni nel '68 e l'unico esercito regolare
che avesse un bambino come caporale era il
7° Cavalleria di Rin Tin Tin. Nel senso che
giocavo sempre e soltanto a guerra e a soldatini.
Quelli piccoli, microscopici dell'Aírfix,
perfette riproduzioni di tedeschi dell'Afrika
Korps, scozzesi di Waterloo e sudistí della
guerra di Secessione. Ne avevo quattromila.
Il mio mondo, la mia visione del mondo, in
quell'anno era quella semplice, diretta,
concreta e manichea di un militare. Un mondo
fatto di cose chiare, divise nettamente come
da una trincea: o così, o così. E basta.
li mio modello di riferimento era il John
Wayne di "Soldatí a cavallo" di
John Ford. Il mio testo di base, i fumetti
di " SuperEroica', dove americani e
inglesi, che per me erano la stessa cosa,
facevano fuori tedeschi che dicevano "Ach
Himmel!" o "Der Teufel!" e
giapponesi che quando venivano colpiti gridavano
'AYEAARRGH'. Come esempio vivente avevo mio
nonno, che da giovane era stato sottosegretario
del Fascio di Figline Valdamo. Non era un
gran gerarca, mio nonno, a Fígline erano
in sei o sette, e neppure un fascista convinto.
Era un uomo tutto d'un pezzo che non scendeva
mai a compromessi. L'unico iscritto al PNF
che il 25 luglio 1943, quando venne arrestato
Mussolini e tutti i fascisti sparirono a
nascondersi, andò alla sede locale del Fascio
a restituire la tessera. Durante la guerra,
quando i partigiani fermarono un camion e
requisirono un carico di scarpe di cui lui
era uno dei responsabili, mio nonno costrinse
un operaio che faceva parte della Resistenza
a dirgli dove stavano nascosti in montagna
i partigiani che avevano compiuto l'operazione.
Non per denunciarli, no: per andare a farsi
dare la ricevuta. E ci andò, in montagna,
e quando tornò giù lui aveva la sua ricevuta
e mia nonna era svenuta.
Linee nette, campi ben definiti in cui militare.
Anche a scuola era lo stesso. Facevo la quarta
elementare in una scuola di Parma ma non
era una quarta come tutte le altre. Il mio
maestro faceva paracadutismo e un giorno
atterrò male e si ruppe una gamba. Venne
sostituito per quasi tutto l'anno da una
supplente che evidentemente non era un granché
come insegnante perché appena suonava l'intervallo
andava a chiacchierare nel gabbiotto della
bidella e ci restava tutto il resto della
mattina. Quando tornava ci raccontava strane
storie che passava come pettegolezzi cittadini.
("C'è una signora di Parma che va a
trovare una signora ricca. La signora ricca
gli mostra anelli, collane e braccialetti
e la signora di Parma gli fa vedere i figli
e dice: questi sono i miei gioielli!"
Solo più avanti negli anni scoprii che era
la leggenda romana di Cornelia e dei fratelli
Gracchi. Non so, forse il pettegolezzo della
bidella faceva parte di un processo subliminale
di acculturazione della mia maestra.) Ma
era durante l'intervallo che succedevano
le cose. Arrivava Gottra, un bambino magro
che io ricordo con le orecchie a punta e
ti diceva di scegliere un numero. Uno o due?
Due. Monarchia. Oppure Cavalleria. Oppure
Partito Comunista. Qualunque cosa avessimo
sentito dire a casa dal babbo o da un telegiornale
o dalla maestra, qualunque contrapposizione
si potesse anche soltanto immaginare, con
quel numero avevi appena scelto lo schieramento
m cui militare fino alla morte, cioè il suono
della campanella. Appena Gottra aveva fatto
il suo sporco lavoro di reclutatore, si alzavano
Giubilini e Rubiolati, chiamavano i numeri
ed erano botte.
E' in questo contesto caratteriale che arriva
il '68, inteso non come anno ma come tutto
il resto.
Intanto c'è il Vietnam, che arriva attraverso
le immagini in bianco e nero sgranato del
telegiornale. Mia mamma, il mio babbo, i
miei nonni che guardano lo schermo con aria
seria e io mi chiedo che cosa ci sia di strano.
Dico, è la guerra, è normale che la gente
muoia, è fatta per questo. Dico, quelli sono
americani, è normale che facciano fuori dei
giapponesi, no? C'era qualcosa che non tornava.
Poi c'erano i capelloni. Prima ancora di
sapere cosa fossero mio nonno mi prese per
un orecchio e mi disse: "Te, e se tu
mi diventi un 'apellone (era toscano, mio
nonno, di Prato), bada 'he ti tronco! ".
E io mi chiedevo come avrei potuto farlo
dato che ogni mese mandavano me e mio fratello
da Franco il barbiere, che ci faceva la sfumatura
a macchinetta così alta che quando uscivamo
sentivamo il fresco sulla nuca anche d'estate.
Io me li immaginavo come gli indiani i capelloni,
ma una mattina che mia madre era venuta a
prenderci in macchina fuori da scuola, ci
trovammo bloccati da un corteo. Inscatolati
nella Cinquecento, eravamo circondati da
studenti che non ce li avevano poi così lunghi
i capelli, anzi. A guardarli da dietro, mentre
si allontanavano e ci lasciavano libera la
strada, mi sa che ce n'era qualcuno che andava
anche lui da Franco. Anche qui, c'era qualcosa
che non tornava.
Ma chi mi confuse definitivamente le idee
fu proprio mio nonno. A forza di sentir parlare
di politica, avevo cercato anch'io di costruirmi
una mia personale geografia ideologica. Una
geografia che procedeva per definizioni nette,
come le avrebbe avute John Wayne. Definizioni
semantiche. Se i Comunisti si chiamavano
Compagni, i Socialisti si chiameranno Soci
(mi sapeva un po' di commerciale, ma non
avevano avuto un'intuizione tanto infelice).
E i Democristiani? Cristi? No, blasfemo.
Poveri Cristi? No, riduttivo. Lo chiesi a
mio nonno che mi disse cose irripetibili
(era un'opposizione di destra, la sua, ma
allora non lo sapevo). Ma come, pensai. Sono
il governo, sono la polizia, sono le giacche
blu. Con chi starebbe John Wayne? John Ford?
Rin Tin Tín? Non tornava neanche quello.
Così accadde che proprio in un momento in
cui le ideologie si rinsaldavano, gli schieramenti
si compattavano, il giusto e l'ingiusto si
profilavano netti, per me si confondeva tutto.
Col '68, mentre molti trovavano un'impostazione
ideologica, una verità, io la perdevo.
E per fortuna.
Qualche tempo dopo, al mare, quando andai
in edicola a comprare i giornalini con mio
fratello, non presi più "SuperEroica".
Presi "Corto Maltese", Una ballata
del mare salato.
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