"Un brutto momento" di Carlo Lucarelli viene pubblicato
in "Cuore di tigre" Quattordici
tigrotti sulle tracce di Salgari (Piemme,
2013) a cura di Luca Crovi e Claudio
Gallo
Carlo Lucarelli racconta il lato umano e
positivo del Rajah di Sarawak.
"Cuore di tigre" (Piemme,
2013)
a cura di Luca Crovi e Claudio Gallo
pp. 336 - ISBN 978-88-566-2934-7
L’avventura, il mare, il pericolo,
l’evasione,
il coraggio, la meraviglia, l’“altro”.
Per
generazioni, sui banchi di scuola,
nei corridoi
grigi, nelle biblioteche di paese o
di città,
al sicuro sotto le coperte, le pagine
di
Emilio Salgari hanno fatto sognare,
trepidare,
viaggiare migliaia di ragazzi. Oggi,
a centocinquant’anni
dalla nascita del maestro indiscusso
della
letteratura d’avventura italiana, alcuni
di quei ragazzi, un po’ cresciuti e
diventati
scrittori come il loro mito divorato
tra
l’infanzia e l’adolescenza, decidono
di celebrarlo
accettando la sfida di misurarsi con
quei
personaggi mai dimenticati, quelle
esotiche,
mirabolanti ambientazioni mai viste,
eppure,
dove si è stati tante volte. Sono quattordici,
sono scrittori, sono entusiasti come
bambini
e un po’ incoscienti come allora. Sono,
in
ordine sparso, Carlo Lucarelli, Marco
Malvaldi,
Marcello Simoni, Alfredo Colitto, Wu
Ming,
Pino Cacucci, Sergio Altieri, Luca
Di Fulvio,
Marco Buticchi, Tullio Avoledo, Massimo
Carlotto,
Mino Milani, Simone Sarasso e Piero
Colaprico.
“Coraggiosi tigrotti o fratelli della
costa”
– li chiama Luca Crovi, salgariano
mai “guarito”
che li ha radunati e ha curato l’antologia
assieme a un altro fanatico della letteratura
d’avventura, Claudio Gallo -, che al
grido
di “Saccaroaaaaaaaaa!!!” hanno omaggiato
ben contenti capitan Salgari andando
“all’arrembaggio
di un immaginario che nel tempo avevano
già
saccheggiato e trasformandolo nel loro
personale
tesoro letterario”.
Cuore di tigre è il loro bottino. Attraverso
generi letterari diversi come l’avventura,
la fantascienza, il western, il noir,
il
racconto di formazione, “un omaggio
sentito
da parte di un gruppo di amici che
ha avuto
nel tempo un legame speciale con le
storie
di Emilio Salgari”, scrive ancora Crovi
nell’appassionata
introduzione al libro in cui racconta
di
un imbrunire furtivo nel Cimitero Monumentale
di Verona, a portare una rosa sulla
tomba
di Salgari con Cacucci e Paco Ignacio
Taibo
II. “Ecco, questa antologia che avete
tra
le mani, è un po’ come quella rosa”.
Ma a guidare l’equipaggio tra mar delle
Antille,
pirati della Malesia e il mitico Sandokan,
c’è sempre lui, Salgari, che apre la
raccolta
con il suo primo racconto, I Selvaggi
della
Papuasia: un inedito mai pubblicato
autonomamente
e apparso soltanto, in quattro puntate,
sul
giornale “La Valigia” dell’editore
milanese
Ferdinando Garbini, nell’estate del
1883.
Lo presenta una lettera firmata dallo
stesso
Salgari e datata “Verona, lì 9 luglio
’83”,
in cui il “Padre degli eroi” proponeva
il
racconto per la pubblicazione e scriveva
così: “Sapendo quanto sia diffuso il
di Lei
giornale La Valigia, e come vengano
avidamente
lette le avventure di mare e di terra,
io,
giovanotto sconosciuto a Milano, ma
di qualche
nome a Verona, antico cadetto della
marina
mercantile, che ho viaggiato il mondo,
assai
studiato e assai provato, le mando
questo
mio scritto onde avesse, se lei lo
credesse
degno, di pubblicarlo sul citato giornale.
Trattasi di un naufragio sulle coste
della
N. Guinea, [e di] commoventi episodi,
abilmente
descritti per quanto compete a un uomo
di
mare”. Buon viaggio…
“In caso qualcuno nutrisse dubbi, ancora
oggi Emilio Salgari rimane la leggenda
dell’intera
narrativa italiana d’avventura”. Lo
scrive
Sergio Altieri, in arte Alan D. Altieri
nella
pagina “personale” che introduce il
suo racconto,
in cui delinea i nuovi misteri della
Jungla
Nera attraverso il personaggio di Suyodhana,
appunto. Una pagina per raccontare
il proprio
rapporto, – passato e ancora presente
-,
con Salgari, che tutti i “tigrotti”
coinvolti
hanno redatto a mo’ di prefazione del
testo
letterario. Un aneddoto, una suggestione,
un ricordo prima di prendere in mano
la penna
e far andare a vele spiegate l’immaginazione.
“Credo che quelle letture abbiano fatto
di
me uno scrittore felice”, riflette
Tullio
Avoledo che fa viaggiare nel tempo
Yanez
e Sandokan. Marco Buticchi, “venuto
su a
surrogato di cioccolata (perché non
esisteva
ancora la Nutella”) e romanzi di Emilio
Salgari”,
racconta che fine ha fatto il mitico
tesoro
di Sir James Brooks. Pino Cacucci,
di quelli
che “il primo libro non si dimentica
mai”
– e parla de Il Corsaro ero -, reinventa
La capitana del Yucatan traslando un
fatto
storico nell’universo salgariano. Piero
Colaprico
narra l’ultima avventura del cacciatore
di
tigri Tremal Naik, “avremo tutti bisogno
di un amico come lui: ma come facciamo
a
farlo respirare con noi?”, si domanda.
Alfredo
Colitto riporta in scena il Corsaro
Nero
in un’avventura inedita, “giocando
con i
personaggi come faceva da piccolo”.
Luca
Di Fulvio mette in campo una nonna
partigiana,
la Nenna, a cui fa raccontare la vera
storia
dell’avventuriero italiano che ispirò
il
personaggio di Yanez, Salgaroli. Carlo
Lucarelli
racconta il lato umano e positivo del
Rajah
di Sarawak. Marco Malvaldi ritrae i
protagonisti
de La scimitarra di giada mentre giocano
a carte in una lurida locanda. Mino
Milani
e Massimo Carlotto si misurano con
il western
e le storie di Frontiera, il primo
dando
alle stampe l’ultimo racconto di Tommy
River
inventandosi la storia postuma di un
personaggio
ufficialmente morto; il secondo scrivendo
il primo western della sua vita, una
storia
di Apache ispirata a una vera. Del
resto,
scrive Carlotto nella sua pagina personale,
“l’obiettivo di Salgari era prendere
un ragazzino
da una casa di Padova e portarlo in
giro
per il mondo, dalla Malesia alle Antille,
facendogli indossare i panni del pirata,
del pioniere o addirittura dell’esule
politico
polacco in Siberia”.
Simone Sarasso riprende un romanzo
salgariano,
Le meraviglie del 2000, in cui si ipotizzava
che dormendo si potesse andare nel
futuro,
e fa scampare al suicidio Salgari spedendolo
nella nostra epoca accompagnato da
Kabir
Bedi. Marcello Simoni fa tornare a
navigare
la Folgore. I Wu Ming riportano in
scena
capitan Testa di Pietra durante le
guerre
anglo americane.
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