"Come scrivere - guida per aspiranti scrittori" Lit. 29000 (Zelig 1999)
a cura di Rosaria Guacci e Bruna Miorelli
Carlo Lucarelli è presente con "La suspense"


sono presenti anche Eraldo Affinati, Silvia Ballestra, Carmen Covito, Erri De Luca, Antonio Franchini, Giuliano Gramigna, Raul Montanari, Enrico Palandri, Claudio Piersanti, Alberto Rollo, Tiziano Scarpa, Emilio Tadini


"La suspense"

di Carlo Lucarelli

Una volta qualcuno chiese a Stephen King se credeva fosse possibile fare paura in tre righe, lui che scriveva romanzi di centinaia di pagine. Stephen King citò un esempio, tratto da un autore di cui non ricordo il nome, e lo citò più o meno così:
- è appena avvenuta la catastrofe nucleare, prima riga;
- l'ultimo uomo rimasto sulla terra è chiuso in un bunker antiatomico, seconda riga;
pausa per prendere il fiato;
- qualcuno bussa alla porta, terza riga.
Quella pausa fatta apposta prima del grande mistero inquietante e irrisolto della terza riga è la suspense.
Ma cos'è la suspense? Piano, andiamo con canna. Prima un altro esempio. Henry James, in Giro di vite. Un gruppo di persone davanti ai fuoco, in una casa in campagna, in una sera d'inverno, che si raccontano storie di fantasmi. Uno di questi conosce la storia di fantasmi più spaventosa che sia mai stata raccontata, una storia che coinvolge due bambini. Ma non la racconta. Ha bisogno di cose, di incoraggiamento, di un documento che si trova a casa sua, ancora di insistenza da parte di tutti, prima di mettersi finalmente a parlare.
Quella cosa che fa in modo che io lettore resti incollato alle pagine del libro anche dopo quel mistero così imperdonabile (quella è la storia di fantasmi più spaventosa che esista, non una storia e basta, non posso non farmela raccontare; l'uomo nel bunker è l'ultimo uomo rimasto sulla terra, sono io quell'uomo, e devo sapere chi bussa alla mia porta) e voli veloce su pagina due, tre, quattro, fino a saltare sulla sedia al primo colpo di scena, quella è la suspense. E cos'è?
Cerchiamo di darne una definizione tecnica. Una definizione nata dalla pratica e che si avvale di termini empirici, non propriamente da libri di narratologia. Ma efficaci.
Partiamo da un concetto fondamentale. La suspense non è soltanto un espediente narrativo, un effetto, un trucco da scrittore. La suspense è uno stato d'animo del lettore. Come tale va rispettato, curato con devozione e mai abusato. Non è solo una cosa che mi serve per far leggere un paio di pagine in più, è una sensazione procurata, uno stato di sospensione in cui io ho messo i1 mio lettore, quasi a gareggiare sopra il libro. E' una cosa che io sto facendo a lui, al mio lettore, una cosa importante, che devo fare con cura e, appunto, senza abusarne, perché è una cosa sua. Questo comporta l'inserimento di altri tre concetti, che dopo spiegheremo, e cioè che la nostra suspense per essere vera ed efficace deve essere preparata, non banale e a termine.
Prima però vediamo la natura della suspense, di cosa materialmente è fatta.
Un altro esempio. Classico. Sono solo in casa. Sono sicuro di essere solo in casa. E' notte e me ne sto seduto in poltrona a guardare un film. Un film dell'orrore, tanto per essere in tema. Improvvisamente, sono solo in casa, ricordate, improvvisamente in fondo al corridoio buio alla mia sinistra si accende una lama di luce sotto alla porta chiusa del mio studio. Paura. Chi è? Chi c'è in casa mia quando dovrei essere assolutamente solo? Nella realtà, appena si accende la luce io sarei già schizzato fuori di casa o mi sarei attaccato al telefono a chiamare il 113, ma nei romanzi e nei film di genere è diverso. Nei romanzi si va a guardare. Magari con un attizzatoio in mano, ma si va a guardare. Vado a guardare, allora, mi avvicino cauto alla porta, metto la mano sulla maniglia, alzo il braccio armato dell'attizzatoio, abbasso lentamente la maniglia... e alle mie spalle suona il telefono. Suspense.
Da questo punto di vista si potrebbe pensare che la suspense sia un rallentamento del ritmo narrativo. La mia azione proseguirebbe a una certa velocità narrativa e invece interviene qualcosa a rallentare, a rimandare. La vita prosegue con il suo ritmo, inspirazione-espirazione, inspirazione-espirazione, e all'improvvíso, appena ho preso il fiato, tac! qualcuno mi chiude la bocca.
Però c'è un altro esempio, che dice il contrario. Un bellissimo racconto di Stefano Massaron, che si chiama "Conto alla rovescia" ed è contenuto in una vecchia antologia della Granata Press dal titolo Lezioni notturne. In "Conto alla rovescia", Stefano Massaron mette in scena due giovani fidanzati e ce li presenta in maniera così deliziosamente amabile che concordiamo con la voce del narratore: vorremmo essere come loro. Ma subito dopo il narratore ci avverte: non sanno che fra dieci minuti saranno morti. Ecco il mistero inquietante e imperdonabile: perché? Sono così carini e moriranno, perché? Ed ecco la suspense. Ogni azione dei due fidanzati, i passi fuori dalla metropolitana, i baci, i litigi e le riconciliazioni, sono accompagnati da un conto alla rovescia, nove minuti, sette minuti, tre secondi, due secondi, uno, che scandisce il ritmo, ed è un ritmo veloce. Come se qualcuno avesse caricato un metronomo che anche graficamente (i paragrafi e le frasi si accorciano) va più veloce.
Allora forse si può correggere la definizione formale di suspense in questo modo: la suspense è una variazione del ritmo narrativo.
E qui bisogna recuperare il primo dei tre concetti lasciati indietro poco fa. La suspense va preparata. E' chiaro che una variazione del ritmo narrativo crea inquieta sospensione quando è inserita in un racconto di tensione. Altrimenti sarebbe soltanto una semplice variazione statistica determinata da criteri estetici d'altro genere. Io sono nel mio salotto, in casa mia, a vedere un film da solo quando si accende la luce. Se fosse giorno, avessi alla mia destra una splendida vetrata dalla quale si vede una spiaggia affollata, il rallentamento del ritmo servirebbe probabilmente a farmi notare i riflessi del sole sulle onde e non farebbe nessuna paura.
Possiamo anche individuare due tipi di suspense, due grandi famiglie, all'interno delle quali preparare questa variazione del ritmo narrativo.
Una è questa: mi avvicino alla porta chiusa del mio studio e voi sapete, lo sapete perché lo scrittore ve lo ha detto o la telecamera ha inquadrato l'interno dello studio, sapete che dietro la porta c'è un assassino con un coltello. Io so che sta per succedere qualcosa che non vorrei accadesse. La suspense qui è data dalla partecipazione del lettore al destino del personaggio, se, naturalmente, sono riuscito a costruire il personaggio nella maniera giusta e ho fatto in modo che il lettore sia interessato a lui.
L'altra è questa: sto camminando per casa mia, attraverso un lungo corridoio e sto per aprire una porta e sapete, voi lettori, che sta per succedermi qualche cosa di tremendo. Quella lama di luce che si è accesa sotto la mia porta e che io non ho visto ma voi sì. Nel cinema sarebbe un effetto sonoro, come la musica che cresce. Sta per succedere qualcosa che non so ma che mi fa paura. Il sentimento dominante, qui, è la curiosità e il timore di quello che può accadere in quel momento. Anche qui il concetto di preparazione è fondamentale. Il mio personaggio dovrà essere costruito in modo tale da trovarsi in una situazione che fa paura. Come il protagonista di Profondo rosso di Dario Argento, ad esempio, che si trova in uno scantinato a esaminare carte risolutive di una serie di brutali omicidi, con la sua assistente appena accoltellata dietro una colonna (ma lui non lo sa). Là fuori, nel buio, c'è l'assassino che lo aspetta e lui dovrà affrontarlo con le sue deboli forze, perché è disarmato, è gracile e non violento e di mestiere fa addirittura il pianista. Una situazione in cui ci troveremmo anche noi di fronte a un maniaco omicida armato di mannaia e che, ovviamente, ci fa paura. Sostituiamo al gentile pianista l'ispettore Callaghan con la sua 44 magnum o Rambo con la mitragliatrice a tracolla e per quanto si alzi la musica o si rallenti il ritmo la suspense non verrà mai.
E' venuto il momento di concludere con gli altri due concetti: non banale e a termine.
Non banale. Chi scrive di genere sa di avere a che fare con un lettore esperto, un lettore che è pratico tanto quanto lo scrittore dei meccanismi, degli espedienti e dei ritmi della narrativa di genere. Un esempio: nei racconti o nei film gialli di una volta, se io chiamo la polizia per dire al detective che ho scoperto qualcosa di importante, il detective mi chiede "cosa" e io dico "non al telefono, vediamoci all'hangar 5 tra mezz'ora", sappiamo tutti che quando il detective arriverà all'hangar 5 io sarò morto. L'effetto di rallentamento della telefonata è un effetto di suspense ma non è efficace perché è banale, già visto, non originale. A meno che, con piena consapevolezza, l'autore non decida di giocare con questi meccanismi assieme al lettore, con un intento quasi parodistico. Per esempio: il poliziotto sta per entrare in una casa in cui sa che c'è un assassino. E' la casa di una vecchia signora e appena il poliziotto tocca la porta e si accorge che è socchiusa noi sappiamo con assoluta certezza che la vecchia signora è morta e l'assassino è dentro. Lo sappiamo proprio perché è un effetto di suspense banale, già visto e ormai consolidato come un segno narrativo convenzionale. Il poliziotto entra in un corridoio dove ci sono tre porte e tutte e tre sono socchiuse. A questo punto inizia il gioco con i meccanismi, consapevole della convenzionalità del meccanismo e senza nessuna falsa illusione sulla sua originalità.
A termine. Proprio perché è uno stato d'animo del lettore, uno stato di galleggiamento in cui io l'ho messo, questo stato non può durare in eterno. A un certo punto la mia suspense deve finire, prima che sia noiosa e troppo lunga. Ma quando deve finire la suspense? Quante note può avere la musica inquietante che accompagna il mio avvicinamento alla porta chiusa nel corridoio?
Non è facile stabilire un termine. E' una questione di ritmo narrativo ed è una cosa che lo scrittore dovrebbe sentire istintivamente. Un metodo meno razionale per capire quando si è troppo lunghi è quello di smettere di utilizzare un effetto quando ci si sta annoiando a scriverlo. Ma a volte può intervenire il compiacimento tipico dello scrittore nel giocare con le parole e non ci si accorge che il lettore, questo compiacimento, non lo sta condividendo affatto. C'è un metodo più razionale ed è quello di smettere quando un effetto di suspense si sta riproducendo identico a se stesso. Esempio: ho la mano sulla maniglia del mio studio. Dietro la porta l'assassino ha alzato il coltello. Suona il telefono. Suspense. E' mia madre. Contrariamente a quello che farei io nella vita, e cioè urlare "mamma, mandami la polizia, c'è qualcuno in casa", il personaggio di un romanzo o di un film giallo taglia corto perché vuole andare a vedere quello che c'è dietro alla porta dello studio. Così faccio. Chiudo e mi riavvicino alla porta. Mano sulla maniglia. Il telefono squilla ancora. Suspense. Il lettore non si aspettava un secondo squillo. Rispondo ed è nuovamente mia madre. Riattacco, molto seccato, e torno alla porta che mi aspetta. Mano sulla maniglia. Suona ancora il telefono. Se fosse tutto qui, un semplice terzo squillo di telefono, la suspense sarebbe troppo lunga. Ma se io rispondo, arrabbiato, e dico "mamma ti ho già detto ... " e una voce sottile sussurra nella cornetta "tra poco ti ucciderò", l'effetto funziona. Non soltanto un altro squillo di telefono che riproduce se stesso; è un meccanismo diverso. Chiudo, molto allarmato, mi Ravvicino alla porta, metto la mano sulla maniglia e il telefono squilla ancora. Ecco, a questo punto, non sapendo cos'altro inventare per variare il senso dello squillo, la quarta telefonata sarebbe di troppo.
Un'ultima cosa. Quello della suspense, proprio per motivi inerenti alla sua stessa natura, è un meccanismo studiato e utilizzato dal romanzo di genere e soprattutto dal cosiddetto giallo. Questo non significa che un momento di sospensione, anche inquietante, non possa essere utilizzato in qualunque altro genere di narrativa. La scena di suspense più forte che io abbia mai visto appartiene a un film sentimentale a sfondo storico come il Dottor Zivago. Lui la vede dopo tanto tempo, di spalle, mentre attraversa la strada. La donna della sua vita, tanti anni di separazione, dolore, vicende incredibili... allunga la mano e cerca di raggiungerla tra la folla ma arriva una crisi cardiaca e lo blocca, così vicino e così lontano. Suspense.
Ecco, più o meno, questo è tutto quello che so sull'argomento.