Giudici - di Andrea Camilleri, Giancarlo De Cataldo,
Carlo Lucarelli (Einaudi) Pagine: 100 - 11,00 euro - ISBN: 9788806205973
contiene il racconto "La bambina"
di Carlo Lucarelli
Con La bambina, Carlo Lucarelli ci racconta invece di un
insospettabile giudice-ragazzina, costretta
all’improvviso a vivere in clandestinità
mentre a Bologna gli anni Ottanta deflagrano
con inaudita violenza.
"Occupandomi dei misteri d'Italia, ho
visto processi insabbiati da parte di una
magistratura connivente, ma ho incontrato
anche molti giudici che hanno condotto le
indagini senza guardare in faccia nessuno."
Carlo Lucarelli

Tre fra i più importanti narratori italiani
si confrontano con una figura centrale della
nostra società: il giudice. E provano a indagarne
i punti di crisi, di conflitto, di tensione.
Camilleri mette in scena un giudice catapultato
da Torino in Sicilia poco dopo l'Unità d'Italia.
Il suo candore gli impedisce di vedere i
pericoli che lo minacciano e per questo,
suo malgrado, lui diventa un esempio di coraggio
estremo, una leggenda nell'amministrazione
della giustizia. De Cataldo ambienta la storia
nell'Italia di oggi e racconta in chiave
ironica la dannazione della giustizia - e
allo stesso tempo la sua necessità - vista
dalla camera di consiglio di un'aula di corte
d'assise. Lucarelli narra la storia di un
giudice dal punto di vista di un poliziotto
della sua scorta, assegnata senza che il
giudice ne avesse bisogno. Almeno così sembra,
prima che inizino ad accadere strani episodi
e tutti comincino ad avere paura...
«Tutto è legato, per me, al problema della
giustizia: in cui s’involge quello della
libertà, della dignità umana, del rispetto
tra uomo e uomo». Così Leonardo Sciascia
in Porte aperte – storia di un giudice che
in epoca fascista si batte per evitare a
un imputato la condanna a morte – sintetizza
l’importanza di una questione che è alla
base del concetto stesso di civiltà.
Dal ritratto manzoniano dei giudici
Monti
e Visconti, «uomini di cui tutta Milano
venerava
l’integrità, l’illibatezza, l’ingegno,
l’amore
pel bene pubblico, lo spirito di sacrificio
e il grande coraggio civile» e che
poi, come
si racconta in Storia della Colonna
Infame
(«l’opera che mi ha fatto cogliere
la grandezza
del Manzoni», ha detto Andrea Camilleri),
condannarono a morte degli innocenti;
fino
a Gli dèi hanno sete di Anatole France,
passando
per Dostoevskij, Kafka, lo stesso Sciascia
– che del tema «giustizia» fece quasi
un’ossessione
- , la letteratura è da sempre affascinata
dalla figura che incarna il paradosso
inevitabile
dell’uomo che giudica l’uomo.
Investito dal potere (e dal dovere)
immenso
di distinguere l’innocenza dalla colpa,
la
ragione dal torto (e dunque, estremizzando,
il bene dal male), il giudice è però
anche
l’ingranaggio di un sistema che procede
per
errori e tentativi di correzione, strumento
del potere politico e – talvolta –
vittima.
Sulla scia di questa lunga tradizione
letteraria,
tre grandi autori italiani firmano
altrettante
«storie di giudici», tre racconti che
– in
modi diversi – guardano alla vita,
al coraggio,
alla dedizione e all’incoscienza di
chi ha
a che fare ogni giorno con i rischi
e le
responsabilità di questo difficilissimo
mestiere.
Ci porta agli albori dell’unità d’Italia
Andrea Camilleri con Il giudice Surra,
arrivato
in Sicilia dal nord, armato soprattutto
della
sua ingenuità e di un ostinato ottimismo,
che riesce a vincere la prima battaglia
contro
la Fratellanza, che ancora non si chiama
mafia ma è la stessa cosa.
Con La bambina, Carlo Lucarelli ci racconta
invece di un insospettabile giudice-ragazzina,
costretta all’improvviso a vivere in clandestinità
mentre a Bologna gli anni Ottanta deflagrano
con inaudita violenza.
Giancarlo de Cataldo racconta invece
in Il
triplo sogno del procuratore la lotta
senza
fine tra un procuratore e un sindaco
agguerrito,
emblema del legame malato – e apparentemente
incurabile – tra legalità e cattiva
politica.
Storia, attualità, talento narrativo
e una
lunga esperienza in materia di crimini,
indagini
e processi (esperienza letteraria e,
nel
caso di De Cataldo, anche personale:
l’autore
è giudice alla Corte d’Assise di Roma)
sono
gli ingredienti che compongono questi
brevi
e intensissimi «pezzi d’autore».
Tre voci inconfondibili riunite per
la prima
volta in un solo libro, insieme per
raccontare
la giustizia e fotografare il passato
e il
presente del nostro Paese. Perché,
tornando
a Sciascia, scrivere di giustizia non
è altro
che scrivere di libertà, di dignità,
di rispetto:
del nostro essere uomini e cittadini.
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