Intervista a CARLO LUCARELLI
su "STRADANOVE" (in rete)
03-08-2000
Com'è nato lo spunto di "Guernica",
uno dei suoi primi racconti?
Volevo
scrivere un libro sulla guerra di Spagna,
sfruttando i miei studi
universitari di storia contemporanea,
e ha cominciato a nascere dentro di
me il personaggio di Filippo Stella,
sporchissimo e più negativo
possibile. In contrasto ho fatto interagire
questa figura con quella,
completamente opposta, del capitano
Degli Innocenti, uomo ingenuo del
tutto inadatto al contesto di guerra.
Insieme vanno alla ricerca di uno
che credono morto e conducono un'inchiesta
pericolosa sullo sfondo del
conflitto civile.
Anche "L'isola dell'angelo caduto" era
ambientato nel passato, nel 1925 per
la precisione. Sembra che il presente
la ispiri di meno.
No, anzi. Però a volte ci sono storie che
vanno
viste in una specie di binocolo rovesciato,
perché certi aspetti sono
difficili da guardare da vicino. Quando
ho scritto "Guernica", nel 1997,
spostandomi di poco nel tempo avrei
tranquillamente potuto ambientarlo in
Bosnia.
Dietro i suoi romanzi c'è un grande lavoro
di
ricerca?
Di solito prima di iniziare a scrivere vado
in biblioteca
e comincio a leggere tutte le collezioni
di giornali degli anni che mi
interessano. Trovo così una miriade
di informazioni, dai programmi
radiofonici ai consigli di moda, dalle
pubblicità alle notizie varie,
leggo tutto. E la mia ossessione è
scoprire quanto costava il caffè a quel
tempo, ma non ci riesco mai.
I delitti compiuti nel passato e
quelli di oggi sono differenti?
Per me sono uguali, cambiano le
modalità e l'identità degli assassini,
tutto qui. Oggi la malavita è
multietnica e più organizzata di una
volta. Ma esistevano i serial killer
anche negli anni Trenta esattamente
come quello che ho raccontato nel
"Giorno del lupo". E bande simili alla
Uno Bianca hanno agito anche negli
anni Trenta.
E giusto dire che nella sua produzione si
possono
individuare due filoni?
Sì, certo. Uno più classico, legato a
"Carta bianca", "La via delle oche"
e "Guernica", e uno più noir con
romanzi duri come "Almost blue". In
questo momento il giallo classico ha
degli autori bravissimi ma è più che
altro un fatto di culto, perché va di
moda l'hard boiled di Patricia Cornwell
e Kathy Reichs.
Allora
perché lei continua a scrivere anche
gialli a schema
tradizionale?
Innanzi tutto è una mia passione. E poi è
la storia
stessa che decide come va raccontata
e a che genere
appartiene.
Il giallo all'italiana esiste o è una
chimera?
Esiste, eccome. Il giallo italiano è stato
nascosto e
frustrato dalle case editrici per un
sacco di tempo, ma adesso è una
realtà innegabile. La maggior parte
dei giallisti che leggo sono italiani:
Loriano Macchiavelli, Andrea Camilleri,
Renato Olivieri, Eraldo Baldini,
Marcello Fois...
Perché uno scrittore decide di scrivere solo
gialli?
Credo per lo stesso motivo per cui ci sono
persone che
leggono solo gialli. Ma niente vieta
di cambiare genere. Per ora le storie
che mi interessano sono queste, non
escludo che un giorno possa aver
voglia di sperimentare qualcosa di
nuovo. Fin da ragazzino sono stato un
estimatore di Chandler, Hammett, Scerbanenco,
poi ho letto tutti gli
altri.
Che tipo di emozioni le suscitavano?
Intanto mi
entusiasmava il non sapere cosa sarebbe
successo nella pagina successiva,
il senso del mistero. Andando avanti
succedeva sempre qualcosa che mi
emozionava. Poi però rimanevo affascinato
dai personaggi, meravigliose
figure come Philip Marlowe o Duca Lamberti.
Il genere giallo è
ancora considerato di serie minore
dai critici?
Meno, molto meno.
Anche perché è sempre più difficile
etichettare un romanzo, ci sono
tantissimi autori considerati gialli
che la gente vede in altro modo. Io
dalla critica sono stato trattato sempre
bene. Il fatto che il giallo
abbia vissuto per lungo tempo in un
ghetto, paradossalmente ci ha aiutato,
sono nati critici specializzati, molto
esperti, che recensiscono solo i
nostri romanzi.
È d'accordo nel dire che il giallo italiano
è
più curato nella scrittura?
Allargherei il discorso al giallo
europeo, certamente più curato rispetto
a quello anglosassone o americano
che ha una scrittura spesso piatta.
Il successo di Camilleri è
ben meritato?
A me piace molto. Le sue storie sono belle
e il
successo che hanno vale doppio perché
sono scritte in un modo e in una
lingua difficili. E Montalbano è uno
di quei personaggi che avrei amato da
piccolo.
Tra le figure di detective recenti quali
avrebbe voluto
creare?
Ad esempio mi sarebbe piaciuto avere l'intuizione
di Kay
Scarpetta creata da Patricia Cornwell,
che però mi è piaciuta nei primi
due romanzi e non più, perché si è
lasciata andare alla routine. Tuttavia
è bella l'idea di una donna medico
legale così
problematica.
Come si spiega che gli scrittori di lingua
inglese
trascurino la lingua?
Dipende dalla scuola, credo. Loro hanno una
concezione della scrittura come comunicazione
invece che come lirica.
Questo ha fatto la fortuna del giallo
americano per moltissimo tempo: ti
racconto una storia e lo faccio nel
modo migliore. Noi decidiamo di
raccontare la stessa storia magari,
ma nel modo più bello, con parole e
costruzioni sintattiche più ricercate.
C'è uno scrittore che ha
deluso le sue attese?
L'ultimo romanzo di Thomas Harris è veramente
uno dei libri più brutti che abbia
mai letto, mi dispiace perché Hannibal
Lecter è uno dei personaggi che avrei
tanto voluto inventare
io.
Quale romanzo ha amato ultimamente?
Tra i tanti che
ho letto, alcuni mi sono piaciuti da
matti. Il primo è "La banda dei
quattro" (Ed. Tropea) scritto da Chavarrìa,
Diez, Fuentes e Taibo II,
autori sudamericani straordinari nel
trattare il romanzo giallo come se
fosse un racconto d'avventura. Questi
quattro romanzi mi hanno fatto
scoprire personaggi indimenticabili,
soprattutto mi è piaciuto il
poliziotto inventato da Diez, corrotto,
donnaiolo e simpaticissimo. Poi
consiglierei la lettura dei romanzi
di Giampiero Rigosi.
Qual è il suo ultimo titolo?
"Notturno bus" (Ed. Einaudi), un bellissimo
noir molto articolato, ambientato dentro
Bologna. I vari personaggi si
trovano coinvolti in un mistero senza
saperlo, tra questi c'è un
tranviere. La cosa curiosa è che Rigosi
faceva il tranviere ed ha potuto
trasferire sulla pagina tutte le sue
conoscenze del mestiere. Un altro
grande autore italiano è Eraldo Baldini
di cui si può leggere "Gotico
rurale" (Ed. Frassinelli), una serie
di racconti che fanno molta paura
perché sono ambientati in Italia. Uno
immagina di aprire la porta di casa
e trovarsi davanti i mostri descritti
nel libro.