CESARE SUGHI INTERVISTA CARLO LUCARELLI:
BOLOGNA - C'è del giallo in città. Ma per
trovarlo, questa volta bisogna risalire indietro
di mezzo secolo, fino al '48, anno cruciale
della nostra storia. E aggirarsi per luoghi
e strade divenuti ormai luoghi della memoria.
Come Via delle Oche, allora strada per eccellenza
delle case chiuse, che dà il titolo a uno
dei romanzi di Carlo Lucarelli, il nostro
più affermato scrittore dei brivido (di lui
uscirà tra poco, da Einaudi, un atteso giallo
"fantastico", L'isola). E che da
stasera torna protagonista nell'omonimo adattamento
teatrale del libro - firmato dallo stesso
autore emiliano, che ambienta le sue storie
a Bologna - al Teatro delle Moline, per la
regia di Luigi Gozzi (ore 21,15).
Come è nata l'idea di questo spettacolo?
Può sembrare strano che, per la messa in
scena di un testo fortemente realistico io
abbia lavorato con un regista come Gozzi,
da sempre uno sperimentale. La pièce rientra
nel progetto "Tre" in cui è impegnato
Gozzi col suo Teatro Nuova Edizione. Tre
personaggi in scena, e analoga articolazione
degli spazi. La sfida è stata quella di riuscire
a ridurre nello schema i luoghi e le figure
dei libro.
E in che modo ci è riuscito?
Sulla scena ci sono un uomo e due donne che
raccontano. La Tripolina, tenuta del bordello
di Via delle Oche 18 dove è avvenuta una
morte misteriosa, La Lisetta, ferrarese,
che lavora nella casa, e il vicecommissario
De Luca, lo stesso di Carta bianca e L'estate torbida, che indaga sul caso. I tre narrano ciascuno
la propria storia, ma anche brani della grande
storia, i suoni, le voci gli umori di Bologna
colta alla vigilia delle elezioni dei '48,
che avrebbe ro segnato la sconfitta dei "rossi"
e la vittoria dei democristiani.
Ma il romanzo giallo, secondo alcuni, mal
si concilia con i temi sociali e politici...
Non credo proprio. Gli autori della cosiddetta
Scuola di Bologna, Macchiavelli in testa,
stanno qui a dimostrare il contrario. Quando
ci si occupa di fattacci, è inevitabile incrociare
le trame della politica. Perché, nel '39,
il Mincul-pop proibì i gialli? Per evitare
che si scrutasse nella metà oscura della realtà,
della società. Che è proprio lo scopo del
giallista.
Bologna è davvero una città ideale per le
storie da brivido?
Rispondo anticipando che, nello spettacolo,
ho aggiunto alcuni brani in cui ciascuno
dei tre personaggi spiega come vede e sente
Bologna, nei tre mesi della vicenda, tra
le elezioni, l'attentato a Togliatti e Bartali
maglia gialla. Badiamo che nessuno di loro
è bolognese. Ebbene, la Tripolina dice che
Bologna è una città in cui ci si nasconde,
la Lisetta che ci si finisce, De Luca, un
"immigrato", che li' c'è qualcosa
da scoprire. Insomma, un tessuto di contraddizioni,
di contrasti, di misteri, sotto l'apparenza
paciosa. Ecco la metà oscura in cui scavare.
Meglio il Lucarelli giallo o (quello noir,
calato tra i delitti seriali di "Almost
Blue"?
Sono modi di raccontare storie diverse. Iì
giallo classico, non contaminato, non può
più esistere.
Che cosa pensa della violenza, e della paura,
che stanno dilagando in Italia?
La repressione improvvisata non serve. I
famosi 9 morti in 9 giorni a Milano sono
solo la punta estrema della crisi delle città,
il cui tessuto si sia gravemente sfilacciando
e decomponendo da anni. Per conoscere questa
Milano bastava leggere, già molti anni fa,
i gialli di Scerbanenco e Olivieri.
Il giallista sarebbe anche un po' profeta?
Il giallista ha il compito di descrivere
uno scenario possibile. E la sua aspirazione,
oltre che essere letto, è quella di venir
preso sul serio.
E qual è la parte più seria di "Via
delle Oche"?
Mostrare, in un'atmosfera di suspense ma
anche di ironia, che De Luca, La Tripolina
e La Lisetta si trovano tutti e tre drammaticamente
di fronte a un compromesso, qualunque scelta
faranno si rivelerà comunque sbagliata. Nel
'48, del resto, cominciò l'epoca del compromesso,
con tutte le sue delusioni, e i suoi misfatti
torbidi. Come l'affare Montesi, un altro
fattaccio di sangue e politica, che ho intenzione
di raccontare.