FABIO ZUCCHELLA INTERVISTA
CARLO LUCARELLI

Pulp n. 08 luglio agosto 1997


Tanto per cominciare, mi sembra ultimamente ci sia un gran proliferare di etichette quantomeno discutibili. Pulp, per esempio...
per quel che ne so io, pulp dovrebbe indicare legittimamente soltanto un tipo di letteratura di genere praticata negli Stati Uniti più o meno negli anni Trenta da autori popolari. Il fatto è che quando la si riduce a un'etichetta di moda per catalogare gusti, autori e contenuti allora, come la maggior parte delle etichette tipo cannibale, buonista, o cattivista, diventa stupida. Stupida e inutile, perché il gusto per le emozioni forti ed estreme, il sangue, la banalità della violenza, la convivenza di ironia e tragedia, il linguaggio del quotidiano, erano già patrimonio di parte della letteratura, quella noir per esempio, che scriveva di certe cose in un certo modo da almeno una decina d'anni. E poi anche dannosa, perché quando viene strillata nei titoli dei giornali omologa gente diversa come Scarpa, Ammaniti, Rigosi, Brizzi, Pinketts, Nove e pure il sottoscritto, riducendo tutto a una macchietta buona solo per essere presa per il culo da Thomas Prostata in "Mai dire gol". E poi, guarda, è pure una cosa avvilente: uno lavora duramente per anni per abbattere le mura del ghetto letterario in cui si trova inevitabilmente rinchiuso perché racconta storie forti, ed ecco un'etichetta nuova: chi sei? Sei pulp? Ah, ho capito, sangue e merda. Grazie tante... a questo punto preferisco l'etichetta di giallista, che almeno ha una tradizione onorata...

Ma allora come chiameresti le cose che scrivi?
Se proprio devo definirmi, io sono un autore noir... che poi, com'è giusto, non definisce un granché. La letteratura cosiddetta di genere si è talmente evoluta, contaminando e contaminandosi, che credo sia molto difficile dire di un libro che è soltanto un giallo, un horror, o una storia d'amore. Io scrivo di poliziotti perché li trovo perfetti per analizzare e raccontare un ambiente, una città o quello che un grande giallista come De Angelis definisce "il mistero del cuore umano". Scrivo di delitti perché mi interessa la metà oscura delle cose, il lato nascosto delle città e delle persone. Scrivo di suspance perché mi piacciono le storie forti che ti lasciano con il fiato sospeso...

Del Gruppo 13 cosa è rimasto?
Tutto è partito nell'estate del '90, dalla considerazione casuale che a Bologna c'erano tanti autori di genere, da Loriano Macchiavelli a Pino Cacucci, e che sarebbe stato interessante metterli assieme. Non era una scuola o uno stile omogeneo, anzi... solo un punto di incontro che ha prodotto alcune buone antologie, ha lanciato nuovi autori e promosso convegni sulla letteratura di genere. Esiste ancora, anche se meno attivo di una volta, e ha dato origine ad una filiazione di piccoli gruppi.

Senti, parliamo dell'ultimo romanzo. C'è uno dei personaggi di Almost Blue che dice:<<Questa città non è come le altre>>. Bologna è un po' il fulcro delle tue storie di ambientazione contemporanea. Che rapporto hai con la città, e cos'ha di particolare per uno scrittore di genere come te?
Bologna è una città bellissima. Una città strana, piena di contraddizioni, che proprio per questo non è soltanto uno sfondo eccezionale per un romanzo noir, ma diventa un personaggio lei stessa. Un po' come Los Angeles di Ellroy o la Barcellona di Montalban . Con le dovute proporzioni, ovviamente... Questa è la città dei tortellini e della Uno bianca, dell'Università più antica del mondo e delle stragi irrisolte, degli esperimenti urbanistici più moderni e dei satanisti. E' una metropoli grande come una regione, fatta di borghi medievali e centri commerciali. Come autore noir mi sento fortunato a vivere in una città come Bologna: ne posso raccontare una metà oscura affascinante e insospettabile.

Per i tuoi personaggi svolgi un lavoro particolare di ricerca? Nel caso di Almost blue mi riferisco per esempio all'Iguana o all'ispettore Negro...
Il mio metodo è quello di stabilire alcune coordinate, alcune costanti dei comportamento che derivano dal carattere, dall'ambiente in cui vivono e dal lavoro che fanno. Poi mi metto da parte e sto a guardarli... Così è come se fossero loro a raccontare la storia a me, tanto che di solito arrivo a un finale del tutto diverso da quello che avevo pensato io. E, devo ammettere, molto più bello.

Ma da un punto di vista pratico, cosa fai?
Ovviamente devo documentarmi. Per il personaggio di Simone, per esempio, ho frequentato e intervistato alcuni ciechi, cercando di succhiare come un vampiro delle sensazioni che come una specie di DNA fossero in grado di farmene dedurre altre. Così potevo costruire un personaggio che potesse essere al tempo stesso originale e vero. Perlomeno spero di esserci riuscito... Per l'Iguana, il seria] killer, ho usato un altro metodo: ho immaginato alcune caratteristiche che fossero abbastanza intense, spettacolari, tipo il genere di vittime, le campane che sente in continuazione, le allucinazioni davanti allo specchio... poi sono andato da un mio amico, un vero psichiatra della Usl di Imola e gli ho chiesto di fare una perizia psichiatrica, una vera anamnesi clinica su un personaggio immaginario...

Bestiale, come direbbe Coliandro (è l'intercalare tipico di uno dei protagonisti di FALANGE ARMATA e IL GIORNO DEL LUPO, un sovrintendente di polizia un po' sfigato e tamarro - N.d.R.) E per la ragazza?
Per l'ispettore Negro invece ho avuto qualche difficoltà, perché era la prima volta che mi confrontavo direttamente con un personaggio femminile, e ci sono alcune quotidianità, dal reggiseno alle mestruazioni, che non è così semplice raccontare.

E allora la questione come l'hai risolta?
Ho usato questo espediente: mentre i personaggi del cieco e del serial killer sono in prima persona, raccontati da dentro, di Grazia Negro mi sono limitato a raccontare oggettivamente gesti e parole, quasi come se la osservassi dal buco della serratura.

Però questa volta gli elementi splatter mi sembrano davvero in primo piano. Non hai calcato un po' la mano? Non è che hai ceduto alla voga ultima dei cannibali?
No, no. Guarda, ho usato emblematicamente la parola sangue soltanto nella prima riga del romanzo, e nonostante si parli di brutalissimi omicidi in serie ho fatto in modo che non si vedesse mai niente, almeno direttamente. Mi sono rifatto a Hitchcock, più che a Dario Argento: più suspance e meno pomodoro. Volevo suscitare paura attraverso i meccanismi della tensione costruiti artigianalmente da anni di letteratura e cinema noir ma senza eccedere con gli effetti speciali. Intendiamoci: massimo rispetto sia per gli splatteristi che per i cannibali, ma io faccio un'altra cosa, e se in questo romanzo sembro più duro è colpa dei Nine Inch Nails... o forse sono io che sono diventato più cattivo...

A proposito, sempre parlando di "materiali": in quest'ultimo libro mi pare che ci sia un certo numero di riferimenti all'underground pop odierno: Luther Blissett, gruppi musicali come appunto i Nine Inch Nails... E' soltanto qualcosa di decorativo oppure...
No, sono elementi organici, in tutti i sensi. Sono la voce, il mormorio di fondo di un tempo e di un luogo, la colonna sonora della vita reale. Soprattutto la musica... è più facile raccontare una storia ambientata nel 1939 quando da una radio escono le note di "Mille lire al mese", come è più facile raccontare i sogni di un cieco con il jazz di Chet Baker o gli incubi dell'Iguana con i Nine Inch Nails. Ma c'è di più: mentre utilizzavo la musica come rumore di fondo per quello che accadeva nel romanzo, certi versi e certe sonorità provocavano e ispiravano altri accadimenti. Ho scritto degli omicidi e dei piercing dell'Iguana sparandomi anch'io nelle orecchie la voce distorta di Trent Reznor, proprio come fa il personaggio, e devo dire che c'erano dei versi che sembravano scritti apposta...

Un'ultima cosa: che fine ha fatto il commissario De Luca? Uno come lui me lo immagino a indagare su brutte storie tipo Ustica o Piazza Fontana...
Bravo... In questo momento De Luca è in attesa di essere processato per i suoi trascorsi con il passato regime. Anche per lui uso lo stesso metodo che uso per gli altri personaggi: mi ci siedo accanto e li guardo agire. La maggior parte di quelli come lui, storicamente, è stata processata, epurata come si diceva allora, e riciclata. Qualcuno è finito anche nei Servizi Segreti... Sì, direi che vicende come Ustica e Piazza Fontana sono proprio le più adatte a uno come lui.