Intervista a Carlo Lucarelli che racconta il "giallo" dello show
I casi dell'ispettore Gluck
Aldo Fittante - Milano

Friggerà, non friggerà Gad Lerner (ma la prima scelta cadde sul cardinale Ersilio Tonini) stasera sulla Sedia che scotta, secondo piccolo film diretto, montato e interpretato da Adriano Celentano, dopo avere percorso lo spaventoso corridoio della paura, il cimiteriale "miglio verde"? E l'ispettore Gluck, sbagliando ancora una volta porta, risolverà l'inchiesta? Le 125 milioni di cazzate si tingono ancor più di giallo. Per risolverlo, incontriamo lo scrittore Carlo Lucarelli, classe 1960, autore di testi teatrali, sceneggiatore e ora responsabile dei minicopioni del programma di Celentano. La fiction della prima puntata, come si ricorderà, era contro i cibi transgenici.


Interverrà Celentano dopo la tua mini-fiction sulla pena di morte, visto che, tra l'altro, il prossimo 16 maggio verrà giustiziato nell'Indiana, e in diretta tv via cavo per i 250 parenti delle vittime, Timothy McVeigh, che fece saltare in aria con una bomba un palazzo di uffici federali a Oklahoma City?

Non credo che Adriano tacerà come hanno scritto i giornali. Almeno: io spero vada com'era previsto, o che Adriano quanto meno commenti - anche da solo - il film. Hanno detto e scritto che i tempi del dibattitto di giovedì scorso erano lunghi, ma a seguirlo sono stati 9 milioni e mezzo di telespettatori: un record.


Ma in "Francamente me ne infischio", Adriano non disse niente e fece parlare i filmati, dando loro una valenza politica ben precisa e, forse, ancor più d'impatto...

Sì, vero, ma queste mini-fiction sono state pensate per aprire e scatenare una discussione, per lanciare un tema.


Infatti. Dopo le scatenate polemiche di questi giorni, pare che lo studio di Brugherio sia avvolto da una cortina di fumo tendente al giallo...

No, non ci sono gialli, se ci fosse un giallo dietro a quello che è accaduto e sta accadendo significherebbe che c'è anche una regia occulta, perché ogni giallo che si rispetti ha bisogno di una regia. Qui, invece, è tutto spontaneo: Adriano quando monologa lo fa alla sua maniera, e l'impatto è forte. Come è forte la voglia di strumentalizzare. Appunto.


Ma lei come autore come si pone di fronte a tutto questo delirio mediatico?

Noi autori, come è noto, non scriviamo i monologhi di Celentano: nessuno ne conosce i contenuti fino alla messa in onda. Premesso ciò, ci sono - come è ovvio che sia - delle differenze politiche ed estetiche. Io sono figlio di un medico, figuriamoci se sono contro le donazioni degli organi. Ma nemmeno Adriano lo è, molti hanno voluto equivocare. Sono convinto che nessuno di coloro che possiede la tessera di donatore l'abbia stracciata dopo le sue parole. Semmai è successa una cosa incredibile: che da giorni tutti i media si occupano del problema come mai era successo; e quel che è ancora più bello, presentando le ragioni degli uni e degli altri, di chi è contro e di chi no, di chi contesta alcune parti della legge sulla donazione e chi, invece, la difende. Questo, per me, è davvero positivo e quindi dico grazie ad Adriano che ha tolto la polvere da sotto il tappeto. Certo: ci sono quelli che pretenderebbero sempre prudenza, che non vorrebbero si parlasse mai di problematiche che dividono, fanno pensare, alimentano i dibattiti. Sono quelli che sognano un Celentano attento, ma Adriano dice: io non ci sto "attento", io parlo. E secondo me fa bene.


Torniamo allora alla vostra collaborazione: perché i gialli per presentare temi sociali?

In questo momento il giallo è un bel modo per raccontare le cose. E così abbiamo optato per delle piccole fiction surreali con mistero per introdurre questioni importanti facendo finta di intrattenere.


Come sono stati scelti i temi?

Sono venuti fuori dopo lunghi dibattiti. Naturalmente siamo partiti da quelli storici di Adriano, a cominciare dall'ambiente.


E com'è stato lavorare per e con Celentano?

E' stato molto piacevole, perché si è creata subito una bella atmosfera. Intorno a noi c'era un bel gruppo.


Le riprese sono state fatte tutte in interni?

Quasi tutte. Sono state realizzate nei padiglioni della Fiera di Milano.


E a quali modelli vi siete rifatti?

Personalmente ho portato molto del mio immaginario televisivo storico, rubato avidamente quand'ero ragazzo: dal Tenente Sheridan di Ubaldo Lay al mitico Maigret di Gino Cervi, da Il segno del comando con Ugo Pagliai ("Una volta era diverso: era uguale a Ugo Pagliai" dice Ivano Marescotti ne Il caso della donna fatta a pezzi, guardando il cadavere di Giuliano Ferrara, ndr) a Petrosino con Adolfo Celi. Quegli sceneggiati d'impianto molto teatrale che, secondo me, si sposano bene con la struttura classica, perché il giallo ha sempre bisogno di una certa solidità, di cose che ci devono essere. Dopo è arrivato lui, ha chiamato il suo ispettore Gluck e ha sconvolto tutto.


E modelli cinematografici?

Moltissimo Hitchcock, col filtro della parodia, come si è visto nella prima puntata. Abbiamo pensato anche al noir, perché i romanzi noir ti fanno stare svegli la prima, la seconda, la terza notte dopo che hai finito di leggerli.


Il tema, dunque, era il pretesto...

Infatti. Dato che il giallo è un ottimo modo per dire cose sensate, abbiamo toccato i temi che avevamo scelto per introdurre il dibattito in studio e poi gli abbiamo girato attorno.


E con il cinema, come continua il suo rapporto?

Bene. Sono contento per Almost Blue (il cui seguito - Un giorno dopo l'altro, titolo preso in prestito da Luigi Tenco - è uscito all'inizio dell'anno piazzandosi tra i libri più venduti, ndr), il primo lungometraggio tratto da un mio libro, che ha vinto il David di Donatello quale miglior esordio (ad Alex Infascelli, ndr) e che andrà a Cannes nella Semaine de la critique. Ho sceneggiato Lupo mannaro, diretto da Antonio Tibaldi, e mi sembra sia uscito fuori un bel film di genere. Ora sto lavorando a Il giorno del lupo per una fiction televisiva. C'è un forte ritorno ai generi e questo mi rende felice perché mi sono cibato di thriller, gialli e horror per tutta la vita.


Il suo preferito?

Profondo rosso e Dario Argento in generale, con il quale ho collaborato per Non ho sonno (e proprio Argento diresse Celentano ne Le cinque giornate, ndr). Poi amo Voglio la testa di Garcia di Peckinpah, Lang, Siodmak.

E di Celentano cosa ha visto?

Ricordo volentieri Ecco noi per esempio di Sergio Corbucci, dove Adriano recita accanto a Pozzetto. Anche Joan Lui: un delirio! Ovviamente Yuppi Du e Francamente me ne infischio.


(3/5/2001) www.ilmanifesto.it

http://www.celentanofans.it/interviste/lucarelli_carlo.htm