Carlo Lucarelli intervistato da Claudio Sabelli Fioretti su L'Adige - 30-08-2003
Un po' inventa: scrive gialli e thriller
che hanno grande successo in libreria. Un
po' analizza: racconta irrisolti misteri
italiani nella sua fortunata serie "Blu
Notte" in televisione. Carlo Lucarelli
presenta oggi pomeriggio a Lavarone l'ultima
sua opera, "Il lato sinistro del cuore",
Einaudi editore, raccolta di 53 racconti.
E' più interessante inventare gialli o analizzare
misteri?
"E' molto più divertente e più facile
la fantasia. Ti porta dove vuole lei. Tu
scopri le cose man mano che vai avanti".
E indovini sempre chi è l'assassino.
"Mica sempre. Alla fine la storia finisce
come piace al libro. Il libro ti prende la
mano. Io non so mai che cosa succede alla
fine. All'inizio ignoro perfino chi sia l'assassino.
Lo scopro mentre scrivo. Molte volte sono
in disaccordo con la storia, quando prende
una piega che non mi piace molto".
Che cosa è un giallo per la gente?
"Tante cose. Un fatto narrativo, un
bellissimo modo per raccontare delle storie.
Perché si basa su alcuni degli espedienti
tipici della narrazione: il senso del mistero,
la suspense, il colpo di scena. Poi al di
là della morbosità ci sono altre cose, la
morte, la menzogna, la verità, la giustizia.
Infine il giallo ha un modo particolare di
vedere queste cose, che è attraverso la metà
oscura delle cose".
Spiegati meglio.
"Passa dall'altra strada che non è quella
normale. Vuoi analizzare un pezzettino della
società? Non lo fai attraverso quello che
vedi tutti i giorni ma lo fai per esempio
attraverso quello che vedi di notte".
Una delle critiche che fanno alla letteratura
italiana è che si parla addosso, che non
ha plot, trama, non racconta storie.
"Il giallo ha chiuso due buchi nella
narrativa italiana. Il primo era quello della
mancanza di storie. Se vuoi creare tensione
attraverso colpi di scena, devi per forza
raccontare eventi. Noi siamo sempre stati
obbligati a creare trame e possibilmente
trame che creassero emozioni".
Il secondo buco?
"Il giallo anche quando è metafisico
ha cose concrete: strade, città, vestiti,
persone, cose reali. Mentre la letteratura
italiana, in un certo periodo, parlava poco
della realtà".
A volte nei tuoi programmi televisivi sembra
che tu consideri misteri anche cose ormai
assodate.
"Io racconto sempre con la tecnica del
giallo. Lo faccio per non annoiare la gente.
Ma c'è un altro motivo. Noi sappiamo sempre
"quasi" tutto. Mai tutto. Fino
ad ora una storia di cui si sappia tutto
io non l'ho mai vista. Non c'è".
La verità non esiste?
"In Italia esistono almeno quattro verità.
La verità giudiziaria, l'unica che si può
raccontare senza venire querelato. Ma mica
è detto che sia la verità. Poi c'è la verità
storica. Ma viene revisionata. Poi c'è la
verità del buon senso. Tipo Pasolini che
diceva che lui sapeva anche se non aveva
le prove. Infine la verità politica. Un bel
macello. Come si fa a dire che c'è una storia
di cui si sa tutto? Se pensi che non ci si
può mai fidare di nessuno, nemmeno degli
organi preposti all'accertamento della verità".
Ormai è verità giudiziaria che persone preposte
all'accertamento della verità giudiziaria
realizzavano verità giudiziarie false!
"E comunque sono verità giudiziarie
di primo grado. Fra sei mesi quei giudici
potrebbero essere assolti e noi querelati".
Ma non abbiamo fatto nomi. Il mistero più
mistero di tutti?
"L'assassinio di Francesca Alinovi,
1983, professoressa del Dams uccisa, verità
giudiziaria, da Ciancabilla, condannato a
16 anni. Ma troppe stranezze. Quadrano male
gli orari. La dinamica dell'omicidio non
va d'accordo col movente".
Quello in cui la verità giudiziaria si avvicina
di meno alla tua opinione?
"La mano sul fuoco non si mette su nulla.
Ma il caso di Massimo Carlotto, condannato
per l'omicidio di una sua amica, Margherita
Magello, è quello che mi lascia più perplesso.
Durante i vari processi ci furono molte prove
a discarico che per un insieme di eventi
sfortunati non sono riusciti ad ammettere.
Nelle aule universitarie il caso Carlotto
è diventato un caso di scuola. Lo chiamano
"sfiga giudiziaria"."
Una volta nei gialli l'assassino era sempre
il maggiordomo. Adesso?
"Ormai di insospettabile non c'è più
nessuno".
Sono diventati tutti maggiordomi.
"Ci sono ancora alcune categorie di
personaggi in cui è più facile nascondere
l'assassino. La migliore è quella delle donne
e delle giovinette fragili. Molte assassine,
nei romanzi e nei film gialli, sono fanciulle
tenere che alla fine si rivelano jene".
Il giallo è di destra o di sinistra?
"C'è una tendenza fisiologica del giallo
ad essere di sinistra. Proprio perché è spesso
critico, è un romanzo sociale di denuncia.
Scrivi sempre di ciò che non funziona. Forse
sono ideologico, ma queste cose appartengono
alla sinistra".
C'è più criminalità oggi?
"Direi no. Se ne parla di più. Poi ci
sono i periodi. Ad un certo punto c'è stato
il periodo delle madri assassine. Cinque
o sei una vicina all'altra. Sembrava ci fosse
una follia collettiva delle mamme. Adesso
che è successo? Le mamme non uccidono più
i figli? Invece no, succedono ancora, ma
non se ne parla".
Forse perché Vespa è in vacanza. Come mai
tu non vai mai a Porta a Porta?
"Mi hanno invitato ma non potevo. Eppoi,
che cosa vai a dire? Non si sa nulla. Finché
non comincia il processo si sanno solo le
indiscrezioni giornalistiche. Ci sono persino
cinque possibili armi del delitto. Poi c'è
anche un altro motivo. A me gli omicidi con
i bambini non piacciono. Mi fanno impressione.
Non hai notato? I bambini non vengono mai
assassinati nei miei romanzi".