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La rinascita del noir tra indagini e misteri
nell'Italia di ieri e di oggi
di
Orlando Sacchelli
L’indagatore del mistero. Carlo Lucarelli
è noto non solo come scrittore di gialli
ma anche per alcune trasmissioni televisive
dedicate a casi di omicidio irrisolti. Nelle
sue storie, oltre all’intreccio narrativo
nel puro stile noir, emerge sempre la forte
umanità dei personaggi. Ma la vera sfida,
per Lucarelli, è quella di parlare di storie
vere, dove lo spazio per la fantasia si restringe
fin quasi a sparire e il finale delle storie,
spesso, non è noto, perché si tratta di casi
irrisolti. Nato a Parma nel 1960, Lucarelli
ha ambientato alcuni dei suoi romanzi di
genere poliziesco nell'ultima fase del secondo
conflitto mondiale e negli anni dell'immediato
dopoguerra, ponendo al centro di gran parte
delle trame la figura del commissario De
Luca. Tra i suoli libri più celebri: Carta
bianca (1990), L'estate torbida (1991), Il
giorno del lupo (1994), Vorrei essere il
pilota di uno zero (1994), Via delle oche
(1996), Almost blue (1997), L'isola dell'angelo
caduto (1999), Un giorno dopo l'altro (2000),
Misteri d'Italia. I casi di Blu notte (2002),
Il lato sinistro del cuore (2003), Nuovi
misteri d'Italia (2004).
Perché scrive?
Per tanti motivi. Prima di tutto perché mi
piace. Scrivere diventa una specie di passione.
Perché ho voglia di raccontare delle storie
che mi sembrano interessanti. Poi perché
spero che ciò che scrivo serva a cambiare
delle cose.
Che cosa faceva prima di diventare uno scrittore?
Lo studente. Sono passato da studente universitario
a scrittore.
Qual è il libro più bello che ha letto nell’ultimo
anno?
Ne ho letti tanti. Quello che più m’ha colpito
è stato Brother and sister di Simona Vinci.
Parla di tre adolescenti in una situazione
particolare, chiusi in una casa. Conosco
Simona Vinci, è una scrittrice che mi piace
molto. Questo libro ha un tono talmente malinconico
e disperato di tre ragazzi soli che stanno
in casa e pensano a quello che gli sta per
succedere.
Com’è lo stato di salute del romanzo italiano?
Il romanzo gode di un’ottima salute. Ci sono
persone che dicono che “il romanzo è morto”,
che “i narratori italiani non sanno raccontare
la realtà” o che “il romanzo deve rinnovarsi”,
ma di solito chi fa queste critiche legge
solo un certo tipo di romanzi e non conosce
il resto. In realtà in questo momento, anche
grazie allo sviluppo della narrativa noir,
ci sono un sacco di bei romanzi. C’è un tentativo,
riuscito, di raccontare la realtà che ci
circonda.
La cronaca di un quotidiano le ha mai fornito
spunti anche per un romanzo?
Sì sì, tante volte. Io scrivo romanzi poliziesci
quindi ho sempre bisogno di spunti gialli.
I migliori gialli li ha scritti la realtà.
A volte la lettura di una civetta mi ha fatto
venire in mente il contenuto di un articolo.
Poi, leggendo l’articolo, scoprivo che non
era affatto così… ma quello che avevo pensato
mi piaceva ed è diventato un racconto.
Quali rapporti ha con i suoi lettori?
Coi miei lettori ho un rapporto ottimo. Ne
incontro tanti perché faccio (o facevo) diverse
presentazioni. La gente mi riconosce anche
per i miei programmi televisivi. La mia faccia
la conoscono, anche grazie all’imitazione.
Per questo, quando vado in giro, i miei lettori
mi vedono e, di solito, mi dicono che apprezzano
ciò che scrivo.
Lei è stato definito uno scrittore “detective”.
Questa etichetta le piace o le sta un po’
stretta?
Mi sta stretta. In realtà non sono un detective.
A volte la stampa mi chiede un parere sulla
soluzione di un caso, ma io non sono un detective.
Scrivo romanzi polizieschi, frequento poliziotti,
criminali, esperti… alla fine tutto ciò mi
porta a saperne un po’ di più degli altri.
Però… sono solo uno scrittore.
È difficile ambientare un romanzo in un periodo
storico che non ci appartiene? (Carta bianca,
Indagine non autorizzata, Via delle Oche,
per fare alcuni esempi).
Investigare è difficile ma divertente al
tempo stesso. In un romanzo quello che conta
sono soprattutto i gesti normali, quelli
quotidiani, soprattutto per lo stile che
ho io di scrivere, molto dettagliato. Anche
il gesto di bere un caffé e sapere quanto
costa… è importante. Eppoi bisogna essere
in grado di ricostruire il contesto anche
di una persona che beve il caffé.
Almost Blue è uno dei suoi libri di maggior
successo. Che tipo di esperienza è stata?
Bella e interessante. Non avevo mai scritto
libri che avessero a che fare con persone
così distanti da me, come un ragazzo non
vedente, un serial killer o una donna poliziotto.
Calarsi nella loro mentalità è stata un’esperienza
importante. Un libro inquieto ed anche un
po’ disperato Almost Blue: a livello emotivo
mi ha dato molto.
La sua passione, oltre che per la scrittura,
è il giallo. Ma quando il giallo nasce da
storie vere cambia qualcosa. È più difficile
scrivere in queste circostanze?
Si, è molto più difficile. Mettere nel giallo
qualcosa d’inventato può dare piacere, anche
nelle cose più morbose. Si tratta sempre
di una finzione, sono metafore di qualcos’altro.
Racconto delle storie da cui posso uscire
quando voglio. Raccontare una storia di cronaca
è completamente diverso. Non provo un piacere
nel raccontare una cosa avvenuta veramente.
Io nei miei romanzi posso far accadere ciò
che voglio, nella cronaca non è così. In
un romanzo posso giocare sulle storie e,
nel finale, spiegare per filo e per segno
come stanno le cose. Nella cronaca, invece,
spesso non si conosce la fine e, in molti
casi, ci troviamo a parlare di casi rimasti
irrisolti.