Da Punto.com
intervista a Carlo Lucarelli
di Mariano Sabatini


Carlo Lucarelli, ovvero un marchio di fabbrica registrato. Quando lo scrittore appare in video, con immancabile divisa funerea, a parlare di delitti, intrighi o stragi, i telespettatori si lasciano catturare dal tono suadente, dalla invidiabile capacità affabulatoria. L'autore di "Almost blue" é di nuovo su Raitre, la domenica in prima serata, con una nuova serie di "Blu notte" dedicata ai misteri italiani; coautore Giuliana Catamo, consulenza dei giornalisti Francesco La Licata, Guido Ruotolo, Vincenzo Vasile, Giovanni Bianconi, Nicola Biondo. <<I misteri italiani sono molti - dice Lucarelli, - anche se poi bisogna lavorarci su. Non sono mai conclusi e quasi annualmente ci vengono riproposti da nuovi processi, revisioni, sentenze>>.
Il nostro sistema giudiziario ha le armi spuntate?
Fa quello che può fare. Quello che ci fa sentire carente l'apparato giudiziario è il ruolo che gli attribuiamo, cioè di fare chiarezza sugli eventi storici. Questo è compito dei saggisti, degli scrittori, dei docenti universitari. Vale per la strage di piazza Fontana, per gli ammazzamenti di mafia, per i delitti della Uno bianca.

I giornalisti cercano di delegare, aspettano che qualcuno si pronunci, per non compiere passi falsi?
Sicuramente. C'è un sistema di querele che spinge a muoversi con i piedi di piombo, fino a un livello di autocensura che può addirittura bloccare.

Anche a voi di "Blu notte"?
Ci sono cose che sappiamo essere vere ma non le diciamo, sebbene ci piacerebbe. Nessuno ci ha mai impedito niente, ma l'ufficio legale ci consiglia per evitare le querele. La Rai non vuole le querele, o per lo meno non le vuole a causa nostra. Finora abbiamo ricevuto due minacce che sono rimaste tali.

Come nasce una vostra inchiesta?
Scegliamo i casi da affrontare seguendo un tema guida come la criminalità oppure ci lasciamo guidare dalla curiosità. I giornalisti della redazione svolgono una classica inchiesta, mi procurano i testi, ci confrontiamo, alla fine con il materiale a disposizione io do una veste narrativa al tutto.

E' capitato che abbiate trovato nuovi testimoni o nuove fonti?
Visto che i casi sono vecchi non capita mai. Facciamo un lavoro più storico che investigativo.

Un mistero rimane tale per incapacità degli inquirenti o per obiettiva difficoltà?
I casi della cronaca non sono facili da risolvere. E c'è gente che invece di far luce getta ombra, depista. Fare luce sulla stazione di Bologna significa toccare un certo periodo politico, certi interessi… Non si tratta mai di misteri puri, come quelli letterari, ma di scatole cinesi che si intersecano.

Avete individuato un mistero che per voi non è più tale?
E' successo quando ci occupavamo dei casi di cronaca. Non abbiamo trovato l'assassino ma contribuito a fare un passo in avanti. E gli investigatori hanno riaperto il caso.

Mi dice quale?
Non posso. Chi ha seguito la trasmissione capirebbe e lo favoriremmo.

Ingerenze, minacce, impedimenti al vostro lavoro?
Basterebbe che non mandarci in onda, non servirebbe altro. Dall'esterno, è capitato che un tizio, sospettato di un assassino, ha cominciato a telefonare per impedirci di affrontare il suo caso. Era un piccolissimo caso di cronaca. Il più delle volte siamo noi che rinunciamo perché, leggendo le carte, capiamo che è troppo difficile.

Il male, dopo essersene tanto occupato, le appare affascinante?
No, è banale e anche brutto. Siamo noi giallisti che lo rendiamo affascinante parlando del male come metafora di altri disagi. Se parliamo dei misteri italiani, addirittura il motore è quasi sempre l'interesse e i soldi.

Nonostante la violenza che viviamo attraverso i media, i romanzi gialli hanno un successo clamoroso. Come si spiega?
C'è la voglia di capire. Siccome questo è il mondo, anche un romanzo può aiutare a metabolizzarlo. Noi raccontiamo cose sulle quali i lettori vogliono riflettere.

Ora anche i magistrati scrivono thriller.
Magistrati, poliziotti, specialisti del settore… sono bravi e ci fanno una concorrenza spietata.

Il fenomeno Faletti?
Ho letto "Io uccido" e mi è piaciuto. Un buon thriller di trama, che ha catturato lettori nuovi, gente che prima non leggeva. Faletti ha coperto un buco.

La realtà ispira la finzione o può accadere anche il contrario?
Noi arriviamo sempre dopo, a documentare la realtà. Certo non ci atteniamo pedissequamente a quello che succede. Si pensa che a casa di un assassino debbano esserci libri di Stephen King e i dischi di Manson. Da Erica c'erano le novelle del Verga sottolineate…

Ci si anestetizza all'orrore, convivendoci?
No, anche grazie alla tv dovrei essere abituato, come i poliziotti. Ma nella realtà c'è sempre un piccolo particolare che fa scattare, come mi è successo guardando il video di una decapitazione, il terrore.

Lei si veste sempre di nero per correttezza filologica?
Un mio collega, lo scrittore Eraldo Baldini, dice che "il negher snegra", ovvero smagrisce.

A "Blu notte" vi siete occupati dell'attuale silenzio della mafia.
Il metodo delle stragi non ha funzionato, la mafia ha capito di dover puntare al potere economico. Il fatto che non abbia più bisogno di sparare significa che ha già raggiunto un potere abbastanza forte, non che sia sparita. Come dice il procuratore di Palermo, la mafia è invisibile solo per chi non vive nelle zone dove c'è la mafia.

Perché si dice che N'drangheta e Camorra sono più temibili della mafia?
Le differenze sono storiche e logistiche. La mafia ha una struttura verticistica. La N'Drangheta calabrese, la più pericolosa secondo gli analisti, non ha un vero capo ma è di una potenza incredibile, anche perché basandosi su organizzazioni familiari non ha pentiti. La camorra è una criminalità metropolitana.

Minoli ha realizzato uno speciale sulla vicenda di suo padre.

L'attività di mio padre è sempre stata quella di un medico che salvava i bambini. E al riguardo c'è un mistero da risolvere, quello che viene fuori dalle sentenze non mi convince. Ci sono dieci persone morte, non credo si possano tralasciare i dubbi. Tutti mi chiedevano di trattare il caso a "Blu notte" ma non era possibile perché non sarei stato obiettivo. Minoli invece ha sempre seguito l'attività ospedaliera di mio padre, che ora si è trasferito a Roma da Pesaro e lavora al suo progetto sulla talassemia.

Questa vicenda le avrà dato ancora più scrupoli nell'affrontare i casi di "Blu notte".
Anche prima mi chiedevo "perché diciamo questo?", "ci è più simpatica quella soluzione oppure no?", certo, adesso le domande e le cautele sono aumentate.