INTERVISTA A CURA DI GIANNA BATTISTONI

Ho incontrato Carlo Lucarelli in un sabato di dicembre. Un'occasione diversa e diversificante nell'atmosfera del Natale, un momento per guardarsi negli occhi e ricordarsi che non siamo poi veramente tutti così buoni. Carlo Lucarelli è uno dei maggiori esponenti della letteratura noir italiana, esperto di storia della polizia fascista, ha ambientato diversi suoi romanzi nei tempi crudi del Ventennio. Lucarelli ha però il merito di sapersi sollevare dalle vicende storiche con piccole gocce d'irrealtà, come accade nel suo romanzo L'isola dell'angelo caduto. Ci si accorge che è la Storia a dare il pretesto per raccontare una storia sulle pagine di un libro, non viceversa. Lucarelli è questo e non solo. I suoi messaggi ci arrivano sulle ali di altri mezzi, oltre che dalle pagine dei suoi libri. Oltre ai programmi televisivi che cura in prima persona, nella rete di Internet Carlo Lucarelli districa il progetto sperimentale di una cyber-rivista, Incubatoio 16.
Ecco come ha risposto alle mie domande, nero su bianco. O sarebbe meglio dire nero su nero?

Tu hai scritto anche libri per ragazzi, per esempio il racconto Nikita, pubblicato, appunto, nella collana “Einaudi Ragazzi”. Cosa pensi che cambi quando uno scrittore che scrive abitualmente per adulti scrive per i ragazzi?
Quanto agli altri scrittori non so, ma so che io avevo un'idea ben precisa. Ero convinto che non avrei mai potuto scrivere per ragazzi, perché ritenevo si dovesse usare una maniera semplicissima ed evitare assolutamente ciò che fa parte del noir, tipo sangue, sesso e violenza. Pensavo che non si dovessero scrivere storie complicate e, soprattutto, che i protagonisti dovessero essere necessariamente dei bambini. Invece erano alcuni brutti libri per ragazzi che avevo letto ad essere scritti così. Quando la Elle mi ha chiesto una storia, mi è stato spiegato che, in realtà, era sufficiente che io scrivessi esattamente come scrivo, tenendo conto che mi stavo rivolgendo a lettori con un'esperienza ed una sensibilità diversa, che poteva venire urtata da certi elementi, mentre ce n'erano altri che si potevano usare, senza timore. Tutto sommato i ragazzi leggono una vasta gamma di generi, quindi, senza censurarmi più di tanto, ho scritto usando parole che potessero essere a loro comprensibili, semplicemente perché altre, forse, non le conoscevano. Ciò non significava, però, scrivere in maniera semplicistica, ma di ciò che aveva a che fare con l'esperienza dei ragazzi. Scrivere la storia di un poliziotto quarantenne, in crisi con la moglie e con la sua parte politica, poteva non avere senso, ma scrivere di un poliziotto di diciannove anni, che ha gli stessi problemi di un ragazzo di dodici, perché, tutto sommato, dipende ancora dai genitori e ha appena iniziato a lavorare, un giovane poliziotto che magari ha una madre che gli dice "Ma non sarà pericoloso quello che fai", poteva significare creare un personaggio giusto per loro. Insomma, dovevo trovare un argomento che potesse interessarli, perché in qualche modo l'avevano vissuto.

A quale genere letteraio ti sei appassionato, prima da bambino e poi da ragazzo, e quali sono stati i libri che ti sono piaciuti di più?
Della narrativa classica per ragazzi non riesco ad identificare più di un titolo ed un autore. Ho letto libri di pirati, libri di cow-boys, libri di soldati. Mi ricordo di aver frequentato tutta quella narrativa che soltanto qualche anno prima era per adulti: Verne, Dumas o altri libri di questo genere. Questo fa capire che non ci sono caratteristiche precise per la narrativa diretta ai ragazzi, dal momento che questi possono trovarsi a leggere libri che leggevano gli adulti qualche anno prima. Comunque il primo libro che mi ha colpito e mi ha lasciato consapevole di aver letto un libro é stato Il barone rampante di Calvino.

So che tu curi anche una cyber-rivista chiamata Incubatoio 16
Purtroppo accade che le raccolte di racconti, qui in Italia, siano trascurate; è difficile per un autore che scrive o, che inizia a scrivere, farsi notare. Per esempio, se ci fossero più riviste che pubblicano racconti e se gli editori fossero più attenti alle riviste che li pubblicano, avremmo sicuramente una selezione di scrittori migliore. Siccome molte volte le riviste cartacee non riescono ad uscire regolarmente ed a restare più di tanto sul mercato, è utile che ciò avvenga su Internet, perché in rete è più semplice sopravvivere. Internet può essere un ottimo trampolino di lancio, bisognerebbe che gli addetti ai lavori lo seguissero di più, perché si rischia che tutto resti lì, che ci siano scrittori solo di rete che, per adesso, significa non esistere.

A cosa attribuisci la vitalità del noir nella nuova letteratura italiana?
Tutto è attribuibile al fatto che ci sono nuovi scrittori noir, perché la fortuna di un genere la fa l'etichetta del genere, la fanno gli scrittori. Sicuramente si è sviluppata una generazione di giovani autori, anzi, mi correggo, giovani e vecchi: un nome può essere Camilleri. Ci sono scrittori nuovi che hanno storie da raccontare e hanno anche la capacità tecnica per farlo; la gente se n'è accorta, li compra e li legge, facendo loro acquistare credibilità editoriale. C'è un altro motivo però. Infatti, viene da chiedersi perché all'improvviso tanti ventenni, trentenni e quarantenni si siano messi a scrivere questo genere di libri. Forse perché è il tipo di letteratura che meglio riesce ad esprimere il nostro tempo. La letteratura italiana in un certo periodo ha raccontato vicende intime, minimali; il noir invece ha sempre continuato, per vocazione, a raccontare fatti e a dare spiegazioni. Il noir, dunque, tratta di domande, di risposte alle domande e di misteri, ed il nostro è il periodo dell'inquietudine, del mistero e del disagio; la letteratura che meglio può parlare di questo è la letteratura noir. Dato che c'è gente che ha voglia di leggere tutto ciò e che, soprattutto, ci sono scrittori che hanno voglia di scrivere questo tipo di storie, non ci resta che prendere atto del fenomeno.

Quindi, per scrivere noir, pensi che si debbano osservare i fatti, quello che non si dice dei fatti, oppure ascoltare emozioni e sensazioni?
Tutte e tre le cose. Sicuramente la letteratura noir ti porta a raccontare dei fatti perché, nella maggior parte dei casi, tutto nasce dall'emozione di qualche cosa di cui percepisci l'esistenza, da eventi concreti, da omicidi, da episodi di politica... comunque, da fatti. Nello stesso tempo è quello che non vedi che vuoi raccontare, perché la gelida realtà viene già detta dai giornali, a volte anche bene. Però se fosse soltanto questo non ci sarebbe emozione; se non nasce, da tutto ciò, una storia fantastica, non si inizia neppure a scrivere.

La storia per un romanzo nasce dalla soluzione del giallo o da altro?
No, non dalla soluzione. Non ho mai idea di come vada a finire ciò che sto scrivendo. La storia, per ciò che mi riguarda, può nascere da qualcosa sentito raccontare in giro. Via delle Oche, per esempio, è nato così; un poliziotto tempo prima mi aveva detto: "Sai che negli anni Cinquanta venne uccisa una maîtresse in una casa di tolleranza, perché aveva visto quel che non doveva vedere?" Nient'altro, ma questo è un qualcosa che ti rimane in testa e ti accorgi che può essere una bella struttura per un romanzo. Capita, però, anche di trovarsi in un periodo particolare, in cui nel mondo avvengono alcuni fatti che hai voglia di raccontare. Comunque, generalmente, quello che mi fa iniziare a raccontare è un personaggio, all'improvviso mi viene in mente una persona di cui vorrei sapere la storia: chi è, cosa fa, che gli accade e come va a finire. Anche ne L'isola dell'angelo caduto mi sono fatto una domanda su un personaggio possibile, ovvero: "Che fa un commissario che si trova su una piccola isola, che vorrebbe andare via perché sua moglie sta impazzendo, quando si trova di fronte alla scelta fra andarsene e tradire quello per cui ha sempre vissuto, cioè le leggi dello stato, oppure restare? Che fa?"

Questa domanda è abbastanza classica, ma è una curiosità. Che libro ti piacerebbe aver scritto?
White Jazz di James Ellroy, sicuramente, ma ce ne sono tanti altri. Ci sono anche un paio di storie cinematografiche che avrei voluto aver pensato, Angel Heart, per esempio; questo hardboiled con il diavolo come protagonista mi sarebbe piaciuto, ma anche Blade Runner.

Il romanzo che avresti voluto scrivere è stato scritto, forse, dall'autore che preferisci?
No, perché ci sono tanti altri scrittori che mi piacciono. Se dovessi indicare il romanzo che avrei voluto scrivere unito all'autore che preferisco nel campo del noir italiano, sceglierei senz'altro I ragazzi del massacro di Giorgio Scerbanenco. Certamente l'avrei scritto in maniera diversa, se avessi avuto io l'idea l'avrei ambientato a Bologna e sarei riuscito a scrivere, magari, una storia bella come la sua.


http://www.ozoz.it