Lucarelli: "Il brigadiere Leonardi è lo strumento che uso per raccontare la società"
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di Andrea Curreli


Per analizzare i mutamenti di una società a volte basta un libro, un racconto oppure un fumetto. Carlo Lucarelli è un maestro nel raccontare storie in televisione così come su carta e inchiosto. Spesso e volentieri queste sue storie sono tinte di nero perché, spiega il giornalista e scrittore, "il noir arriva e mette in scena dei pezzi della realtà che ti circonda e dei suoi meccanismi". Nei primi anni Novanta Lucarelli era un giovane giornalista di cronaca nera e partorì nella sua mente Leonardi, un carabiniere con i capelli lunghi e il carattere riflessivo ma deciso. Attraverso le storie di Leonardi, scritteper il settimanale di Ravenna Qui, Lucarelli demoliva il mito dell'Emilia Romagna come regione dove tutto funzionava, dove il comunismo all'italiana aveva realizzato una società migliore e dove mafia, delinquenza e degrado erano del tutto sconosciuti. Sette storie di quel carabiniere sono diventate un libro a fumetti intitolato Il brigadiere Leonardi (Edizioni BD, 2010). L'adattamento del lavoro di Lucarelli è stato curato da un team di fumettisti e sceneggiatori composto da Giuseppe di Bernardo, Mauro Smocovich, Luca Crovi, Diego Cajelli, Stefano Ascari, Andrea Riccadonna, Matteo Cremona, Giorgio Pontrelli, Giacomo Bevilacqua, Toni Viceconti, Federico Giretti e Vanessa Belardo.

Carlo Lucarelli, come il suo noir si sposa con il fumetto?
"I racconti de Il brigadiere Leonardi erano stati scritti tanto tempo fa, poi oggi sono stati presi, sceneggiati e adattati al fumetto. Avevo già fatto diverse cose con i fumetti, l’ispettore Coliandro, una storia per Dylan Dog. Ma è sempre una bella esperienza vedere le cose fatte da un altro punto di vista che è quello del disegnatore e non è più soltanto con il profilo che hai nella tua testa. Nello specifico, Il brigadiere Leonardi è stata un’esperienza molto bella, ma conoscevo bene tutti gli altri sceneggiatori che hanno lavorato sulle storie e sui soggetti. Mi fidavo di loro e il risultato finale è stato ottimo".

Leonardi è nato agli inizi degli anni Novanta quando lei si occupava di cronaca nera. C’è un personaggio reale dietro quello inventato?
"Non c’è stato un uomo in particolare che ha ispirato Leonardi, ma è un miscuglio di varie esperienze. Occupandomi di cronaca nera allora incontravo tanta gente. Già allora scrivevo racconti e romanzi ed ero sicuro che tutto quello che vedevo potesse essere utile per la mia narrativa. Ho conosciuto tantissimi carabinieri e poliziotti di piccoli posti e piccoli nuclei operativi e poi ho messo insieme queste esperienze. Esiste sicuramente un carabiniere come Leonardi, anzi penso che molti carabinieri del nucleo operativo lavorino esattamente come lui. Però non c’è un nome in particolare".

Essendo mutato radicalmente il contesto sociale, se dovesse descrivere Leonardi oggi le sue caratteristiche sarebbero le stesse?
"Leonardi sarebbe sostanzialmente identico. Ma in questi anni ci sono state delle esperienze con le quali anche lui dovrebbe confrontarsi, così come hanno fatto Coliandro e tutti i miei poliziotti. Ad esempio, non essendo un violento, avrebbe avuto una sua idea sui fatti di Genova. Avrebbe avuto una sua opinione anche sugli altri problemi di disagio di questi anni. Inoltre è cambiato anche il modo di fare le investigazioni e quindi Leonardi dovrebbe confrontarsi di più con tutto l’apparato scientifico, con i problemi legislativi e con le norme che cambiano. Da questo punto di vista sicuramente sarebbe da attualizzare. Ma credo che anche i brigadieri alla Leonardi si aggiornino nell'affrontare i problemi criminali che c'erano anche allora: mafia, disagio e omicidi. Erano più o meno le stesse cose".

Nelle sette storie del libro Leonardi quasi scompare dalla scena per lasciare il posto agli altri personaggi.
“Leonardi era una specie di strumento che io avevo trovato e che in generale il noir stava trovando. Il personaggio diventa uno strumento per raccontare il proprio punto di vista sulla società. Alla fine quindi sono le storie le vere protagoniste, Leonardi è solo uno che ci passa attraverso”.

Viviamo in una società del falso benessere e dell’apparire, il successo del noir può essere legato alla voglia di vedere il lato oscuro che è più reale?
“Sicuramente. Quando un’immagine delle cose e tutto quello che ci viene raccontato contrasta con la visione reale nasce il bisogno di qualcosa che metta in scena la realtà. In tal modo si possono capire i meccanismi e vedere cosa c’è di giusto o sbagliato. Per questo si leggono i romanzi in generale, e quelli di noir in particolare. La metà oscura è quella che ci spaventa di più e ci viene raccontata di meno o in maniera più confusa. Il noir arriva e mette in scena dei pezzi di realtà che ti circondano e i loro meccanismi. La gente si interessa a questo tipo di letteratura perché trova delle corrispondenze con la realtà. Quello che tu non riesci a capire attraverso i giornali, che devono informare e non mettere in scena le cose, lo puoi comprendere con il romanzo o con il fumetto. Vedi i meccanismi e hai degli strumenti per capire meglio quello che tante volte non ti viene raccontato".


09 giugno 2010