Lucarelli, la rabbia e il romanzo che verrà
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18 dicembre 2011
Carlo Lucarelli ha molte domande ancora senza
risposta. Colpa di Il sogno di volare, thriller
con un serial killer che sbrana le sue vittime,
a Bologna, di nuovo con la poliziotta Grazia
Negro, stavolta con problemi personali. Una
storia di rabbia con una colonna sonora speciale.
Non correte però a cercarlo in libreria perché
è ancora solo un file word, e neanche finito!
Al limite, se volete, potete trovarne qualche
stralcio in rete, in un blog creato ad hoc
per studiare un personaggio.
Giovedì sera, allo spazio sociale studentesco
Bartleby, lo scrittore porta un regalo natalizio:
una lunga visita guidata alla sua fucina.
«Parlare di quello che fai serve a chiarirti
le idee», dice, anche perché le storie nascono
ognuna in modo diverso e non sempre si sa
come vanno a finire. «Almost Blue nasce da
un racconto su Bologna. Dovevo fare due cartelle
diverse dal solito: non potevo mettere un
omicidio, fare arrivare tutti sulla scena
del delitto e così raccontare la città. Così
ho pensato che Bologna si può raccontare
coi suoni: musica, lingue, dialetti, rumori…
e nasce un personaggio non vedente. Poi resta
lì, e mentre lavoro come giornalista a “Sabato
sera”, a Imola, e ogni mercoledì faccio il
giro di nera tra Carabinieri, Questura, Commissariato,
una sera incontro un commissario donna, un
ispettore della mobile donna, un’archivista
donna. “Quante donne!”, dico. “Già, ci siamo
dal 1981”, rispondono. Ma per me era una
novità». Così alla Bologna dei suoni e al
non vedente si aggiunge un poliziotto donna
(Grazia Negro) «e un serial killer, metafora
del male oscuro ed espressione di una situazione
di disagio e di malattia mentale. Mancava
il tono, e l’ho trovato in “Almost blue”
di Elvis Costello nella versione di Chet
Baker».
Un personaggio seriale non muore mai, e se
l’autore lo uccide spesso deve riportarlo
in vita, «come Arthur Conan Doyle con Sherlock
Holmes, o Loriano Macchiavelli con Sarti
Antonio. L’unica a non farlo è stata Agatha
Christie, morta due mesi dopo aver ucciso
Poirot. Ma il romanzo è uscito postumo…».
Con la Negro a Lucarelli resta sempre il
dubbio di cosa succede dopo l’ultima pagina:
«cosa succede a lei e al non vedente?, mi
sono chiesto, e così è nato Un giorno dopo
l’altro. Il tono? La canzone di Luigi Tenco,
la più triste mai scritta nell’universo».
Il personaggio può però diventare antipatico.
«Grazia l’avevo messa da parte, forse incinta.
Ora ritorna (è madre?) a Bologna, città a
cui sono sempre stato vicino ma mai veramente
dentro, e che pensavo di non raccontare più.
Di Bologna, oltre i portici che proteggono
e coprono, la finestrella di via Piella e
la città d’acqua, che sembra di sinistra,
cosa c’è da raccontare? Invece mi trovo un
posto che non riconosco più, e non capisco
perché. Mi dicono che è invivibile, pericolosa,
una città da coprifuoco. È vero? Io ho visto
la Bologna che faceva paura, quella della
Uno Bianca. Oggi com’è? È una città in cui
posso ancora perdermi? Uno scrittore, per
capirlo, deve scrivere un romanzo».
Ed ecco il futuro romanzo, cominciato quando
era sindaco Cofferati. «Ho cercato la sensazione
che sta dentro alla storia», e l’ha trovata
in una canzone di Andrea Buffa, Il sogno
di volare (da cui il titolo di Lucarelli).
«Parla di lavoro, precariato, sfruttamento.
Di un marocchino, muratore in nero, che vola
dal sesto piano. Una morte sul lavoro per
3,60 euro all’ora. Una canzone malinconica
che fa rabbia».
Lucarelli fa ascoltare la canzone, e poi
fa un esercizio da scuola di scrittura: «Di
cosa parlo nei miei romanzi, in una parola?
In Carta bianca di paura, in Almost Blue
di solitudine, in Un giorno dopo l’altro
di rimpianti. Qui di rabbia. C’è un personaggio
che ringhia, che prova rabbia per quel che
succede. Il sentimento oggi è forte, sta
esplodendo. Ho cercato le cose che mi fanno
rabbia: la storia di Buffa, ad esempio, può
proseguire con il cadavere trasportato altrove,
e magari proprio quel giorno, cosa successa,
quel cadavere riceve il permesso di soggiorno».
Lucarelli apre il computer, legge un passaggio
impostato con un’interazione tra quel che
succede e le parole di La mia città di Luca
Carboni (che fa ascoltare). Un affittacamere
ha frazionato un appartamento in 5 monolocali
di 15 metri quadrati l’uno, da affittare
a 1000 euro (900 in nero). Nessuna privacy,
strutture fatiscenti, frasari razzisti e
ipocriti da parte dell’affittacamere. La
persona a cui è proposto l’affitto diventa
un cane e lo sbrana.
«La rabbia si scarica sulle cose che non
sono esattamente i problemi. Il “cane” azzanna
ciò che ha vicino, la sua rabbia è individuale,
disorganizzata». Lucarelli a questo punto
incontra due libri: Fiori per Algernon di
Daniel Keyes, storia dell’inserviente ritardato
Charlie Gordon che diventa genio con esperimenti
scientifici, e la biografia di Billy Milligan,
«violentatore e assassino, caso di personalità
multipla: 14 attive e oltre 10 in sonno».
«Mi sono chiesto: com’è il mio “cane”? L’ho
messo davanti al computer, gli ho fatto aprire
un blog su splinder: Diario di bordo. C’è
qualcuno là fuori che può aiutarmi? Ho messo
delle foto e alcuni post scritti. C’è chi
mi ha scritto chiedendo se stavo male e se
volevo aiuto». Legge i post che trasudano
rabbia, con accompagnamento di Benzin dei
Rammstein, una delle tante canzoni sulla
rabbia raccolte dallo scrittore, a partire
dalla tradizione popolare.
I personaggi si formano, le domande aumentano.
La Negro non ha avuto il figlio, ma vuole
restare incinta, ed entra nel percorso della
fatica di avere un figlio, della procreazione
assistita. «Ha un incubo ricorrente: ha due
gemelli, non ricorda a chi ha già dato da
mangiare, ne sceglie uno, ma a questo inizia
a uscire latte da naso, orecchie, occhi.
Come fa a sapere chi ha mangiato? Lo chiede
a un altro personaggio, il carabiniere Pierluigi,
che risponde con semplicità: “quello che
non piange”, e lei pensa che le cose a volte
sono più semplici di come sembrano».
Il discorso diventa anche stilistico. «Come
non scrivere banalmente? Si cercano cose
complicate. Nell’Ottava vibrazione mescolo
i tempi verbali, al passato ma col presente
per zoomare. Cercavo cose complicate anche
per Il sogno di volare, poi ho scritto un
passaggio con Pierluigi, a Parma, che ricorda
immagini d’infanzia al Parco Ducale». Lucarelli
lo legge e commenta: «volevo complicarlo,
ma mi sono perso nelle sensazioni del personaggio.
C’è la felicità del racconto, e funziona.
Pierluigi si è innamorato di Grazia, ma ancora
non lo sa».
«Ora devo riscrivere tutto andando a cercare
la felicità del racconto. Ma sono nei guai:
avevo la storia di una ragazza che cerca
di rimanere incinta, che sta con un ragazzo
non vedente, che ha un incubo e ora una persona
che si è innamorata di lei, mentre un cane
sbrana persone con una rabbia individuale
che devo rendere collettiva, in una Bologna
che continua a cambiare, non so se invivibile
e insicura».