"MicroMega 2/2002 - La Primavera dei movimenti"
€ 10.50 (L'Espresso Editoriale) marzo-aprile
2002
contiene un intervento di Carlo Lucarelli
"MicroMega" interamente dedicato
ai movimenti - dal Palavobis ai girotondi,
dai no-global alla ripresa delle lotte operaie
- che stanno modificando radicalmente la
situazione politica italiana.
Il numero, non a caso, si intitola "La
primavera dei movimenti", e attraverso
oltre trenta voci mette a confronto i rappresentanti
di tutti i movimenti cui abbiamo fatto cenno
e li spinge ad analizzare convergenze ma
anche divergenze, possibilità di impegno
comune ma anche difficoltà, diffidenze, elementi
di potenziali lacerazioni.
Un confronto davvero ampio e totalmente privo
di reticenze e diplomazie. Perciò, uno strumento
di lavoro per tutti coloro che in questi
nuovi movimenti si riconoscono. Strumento
di lavoro sotto tutti i profili: dell'analisi
e dell'approfondimento, della discussione
interna, della propaganda verso i cittadini
ancora perplessi o contrari, e soprattutto
della ripresa e moltiplicazione di manifestazioni
e occasioni di impegno democratico: prima
fra tutte quella di una stagione referendaria,
perché le opinioni in proposito, come risulta
dagli interventi su MicroMega, sono assai
variegate ma una decisione è necessaria quanto
prima.

Gli autori del numero (in ordine di apparizione
nel sommario) sono:
Antonio Tabucchi, don Luigi Ciotti, Sergio
Cofferati, Paolo Flores d'Arcais, Gianfranco
Bettin, Andrea Camilleri, Furio Colombo,
Erri De Luca, Vittorio Agnoletto, Marina
Astrologo, Roberto Esposito, Sergio Givone,
Piero Bernocchi, Luciano Canfora, don Luigi
Gallo, Ferruccio Sansa, Margherita Hack,
Carlo Lucarelli, Dacia Maraini, Enzo Marzo, Eliana Minicozzi,
Marco Paolini, Pancho Pardi, Simona Peverelli,
Lidia Ravera, Claudio Sabattini, Paolo Sylos
Labini, Gianni Vattimo, Massimo Fini, Claudio
Rinaldi, Marco Travaglio, Francesco Rutelli
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Carlo Lucarelli – MicroMega – 02/2002
A volte cerco di immaginare cosa penserebbe
mio nonno di questi tempi, se fosse
ancora
vivo. Mio nonno era stato sottosegretario
del fascio di Figline. Non era un gran
fascista
ma solo un uomo d'ordine, tutto d'un
pezzo,
che quando i partigiani rubarono un
camion
di scarpe che era sotto la sua responsabilità
di direttore della locale azienda del
gas,
andò fino in montagna per farsi fare
una
ricevuta (e ci riuscì). Quando morì
mio nonno
i comunisti erano ancora i comunisti,
e anche
se lui non era un viscerale ma un riflessivo,
so che non gli piacevano. Quando morì
mio
nonno Berlusconi era ancora “soltanto”
il
Signor Tv, ma sono sicuro che se fosse
sceso
in campo allora, con le sue idee di
basta
con i comunisti e rimbocchiamoci le
maniche
e iniziamo a lavorare, mio nonno l'avrebbe
votato, o se non lui almeno fini che
con
lui stava (e sta ancora).
Il nonno di Beppe, invece, era un vecchio
comunista che quando vedeva passare
in tv
la faccia di Nenni tirava le ciabatte
sullo
schermo perché ch'è viglicc ed Pirì,
quel
vigliacco di Pietrino, aveva fatto
l'accordo
con i democristiani. Non so se sia
stato
partigiano, ma avrebbe potuto esserlo
e comunque
credo si sia fatto tutti gli scioperi,
tutti
i cortei sindacali e tutti i 25 Aprile
finché
non è morto, anche lui serenamente
dopo una
vita intensa da italiano del tempo
di guerra,
come mio nonno.
Credo di non sbagliare a pensare che
li avrei
visti tutti e due al Palavobis, se
l'età
e la salute glielo avessero consentito.
Più
facile pensarlo per il nonno di Beppe,
meno
per il mio, ma possibile, anzi, probabile.
Come fascista mio nonno cominciò ad
entrare
in crisi con le leggi razziali del'38.
Neanche
la guerra gli suonava molto bene, e
i tedeschi
non gli erano mica così simpatici.
Diceva:
“Va bene fascista, ma fino a un certo
punto”.
Alla fine non ce la fece più, e coerente
con se stesso come più tardi con il
camion
delle scarpe, andò alla sede del partito
e restituì la tessera. Me lo vedo,
appoggiato
alla transenna sotto il palco dove
stavo
appoggiato io, tra il padre di una
mia amica,
di sinistra molto e da sempre, e il
sindaco
Formentini, ex leghista, che pensa:
“Berlusconiano
sì, ma fino a un certo punto”, mentre
ripensa
al falso in bilancio, il conflitto
di interessi,
i processi, Previti e Dell'Utri e Bossi
che
con la bandiera ci si pulisce il culo.
Credo però di non sbagliare a pensare
che
il voto più importante lì dentro, più
importante
di quello quasi scontato del nonno
di Beppe
e di quello più sofferto di mio nonno
(probabilmente
avrebbe votato Di Pietro), fosse quello
ancora
vergine della figlia della Wilma.
La Wilma è la parrucchiera di mia madre
e
sua figlia ha più o meno diciotto anni.
Anche
se il mio paese è piccolo, non l'avevo
mai
vista prima e di lei sapevo solo, per
averlo
sentito dalla Wilma terrorizzata, che
era
andata a Genova, da dove era tornata
con
quella faccia un po' così e quell'espressione
un po' così che hanno quelli che sono
stati
a Genova durante il G8, cioè rossa
e gonfia
per gli urticanti. “Anche lei è qui?”,
mi
ha detto la figlia della Wilma, e a
parte
la brutta sensazione di sentirsi dare
del
lei da una di diciotto anni, mi sono
sentito
ancora peggio quando le ho chiesto:
“E tu
cosa ci fai” e lei mi ha guardato come
se
fossi scemo. La figlia della Wilma
si era
ritrovata a Genova assieme a cattolici
e
rifondaroli perché le sembrava giusto
andare
là, come le sembrava giusto essere
lì e come
so che le è sembrato giusto essere
a Ravenna,
al girotondo che ha circondato la Prefettura,
a Bologna al corteo contro il campo
di concentramento
per i clandestini, e a Roma con la
Cgil,
da cui mi teneva informato con gli
sms del
telefonino (quello che dice “3 MILIONI!”
ce l'ho ancora). La figlia della Wilma
si
era ritrovata in tutte quelle situazioni
non in base ad alleanze, percorsi storici,
trasformazioni e derive ideologiche,
credo
neppure più giusto delle proposte degli
altri,
che, come diceva lei, “non solo non
sono
giuste, ma non funzionano neanche”.
La figlia della Wilma non ha idee precise
su come risolvere le cose. E' abbastanza
concreta, come parecchi della sua età,
da
non lasciarsi ingannare da soluzioni
utopistiche,
però ha un'idea molto precisa di quelli
che
sono i suoi valori. Una giustizia uguale
per tutti è un valore. La democrazia
e il
pluralismo (anche se lei non userebbe
questa
parola), sono un valore. L'etica, l'altruismo,
la solidarietà, la non violenza, l'ecologia,
sono un valore. La giustizia sociale
è un
valore. Non so per chi voti la figlia
della
Wilma, non l'ha ancora fatto, ma credo
di
non sbagliare se penso che voterà per
quel
partito e quello schieramento che porta
avanti
quei valori, e non viceversa. Ma non
è detto.
Non lo voterà se quello schieramento
su quei
valori si dimostra tiepido, confuso
e contraddittorio.
Se le presenta un candidato riciclato
in
base ad un accordo elettorale, seduto
su
una poltrona in quota inciucio, incompetente
e magari anche già condannato. Se avrà
l'impressione
che a richiedere la firma per un referendum
sarà la stessa persona che solo poco
tempo
prima sosteneva quelle cose che adesso
vuole
abrogare. Se chi le parla non le darà
la
netta sensazione di non avere paura
degli
scheletri negli armadi.
La figlia della Wilma non è una che
si tura
il naso per votare.
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