"Un treno per Auschwitz" di Carlo Lucarelli e Paola De Martiis. Documentario girato dalla troupe del programma Blunotte in occasione dell’edizione 2008 dell’iniziativa Un treno per Auschwitz con partenza da Carpi. Il documentario andato in onda martedì 27 gennaio 2009 alle 13.10 su Rai Tre

Ogni anno la Fondazione ex campo Fossoli organizza un viaggio nella memoria e per la memoria che si rivolge principalmente agli studenti delle scuole medie superiori - circa 600 - della provincia di Modena. Carlo Lucarelli, come negli anni precedenti, ha viaggiato con gli studenti partendo dalla stazione ferroviaria di Carpi, stazione di partenza dei treni diretti – oltre 60 anni fa – ad Auschwitz.



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Lo scrittore Carlo Lucarelli assieme ad alcuni collaboratori del programma partecipò infatti al viaggio compiuto nel gennaio dell’anno scorso e in quella occasione vennero realizzate molte riprese video: immagini che sono diventate ora un documentario di 45 minuti che Raitre trasmetterà con il titolo Un treno per Auschwitz appunto martedì, per ricordare la tragedia della Shoah. Lucarelli ha partecipato a tutte le edizioni del viaggio (ad esclusione della prima) promosso dalla Fondazione ex Campo di Fossoli: lo scorso anno lo scrittore parmigiano ha realizzato uno spettacolo ad hoc per i partecipanti, intitolato I virus della memoria, presentato proprio la sera del 27 gennaio 2008 a Cracovia.
Nella serata di martedì 27 gennaio andrà poi in onda nell’ambito del programma Radio3 Suite della Rai una trasmissione intitolata Come pecore ci condussero. La strada della memoria- Deportazione e solidarietà fra Modena, Villa Emma di Nonantola e il Campo di Fossoli. In diretta dal Baluardo della Cittadella di Modena dalle ore 20.30 la trasmissione radiofonica si snoderà attraverso storie, testimonianze e musiche dal vivo. Conduce Marino Sinibaldi, partecipano la cantante lirica Cristina Zavalloni e il pianista Andrea Rebaudengo. La Fondazione ex Campo di Fossoli sarà rappresentata dal vice presidente Claudio Silingardi, dal presidente del Comitato scientifico Lutz Klinkhammer, dallo storico Alberto De Bernardi oltre che da Franco Varini (transitato a suo tempo dal Campo). Anche i volontari e le guide che consentono l’apertura della struttura di Fossoli, oltre agli Amici del Museo al Deportato di Palazzo dei Pio, interverranno alla trasmissione.

“I virus della memoria”, rappresentato a Cracovia, di fronte ai ragazzi che hanno partecipato al viaggio, nasce da una considerazione: col tempo la memoria dei fatti, per quanto coinvolgenti, emozionanti oppure orribili possano essere, finisce per raffreddarsi e ridursi ad una dimensione puramente numerica. Quello che può aiutarci a combattere questo ed altri “virus” che bloccano la nostra memoria emotiva come quella di un computer è recuperare la dimensione narrativa di quello che è successo, cambiare i numeri in singole storie che possiamo raccontarci per riuscire a riviverle completamente, partecipando col cuore oltre che col cervello. Un’idea che si sviluppa dentro il contesto de “Un treno per Auschwitz” e dall’osservazione dei ragazzi che ci partecipano, tutti alla ricerca di un “punto di rottura” provocato da un dettaglio, per tutti diverso, incontrato durante la visita ai campi, che fa scattare all’improvviso la carica emotiva dei fatti narrati, trasformandoli da statistiche ad episodi.
Il treno ha un ruolo fondamentale, perché offre la possibilità di rivivere
l'idea dell'allontanamento coatto con un mezzo di trasporto di massa che, con grande lentezza, ma con inesorabile puntualità raggiunse i campi di sterminio.
Se durante le persecuzioni naziste la destinazione dei treni era l'orrore, oggi, a questi 600 ragazzi da’ invece l'opportunità di incontrarsi, confrontarsi, viaggiare per costruire memoria.

"Per cogliere intensamente l’orrore di un fatto come quello accaduto a Birkenau occorre passare dalla fredda logica dei numeri ad un qualche particolare che ti coinvolga emotivamente. Ed anche per un giallista, per un esperto dell’orrore, ci sono sempre sensazioni nuove, emozioni che non hai previsto e che ti colpiscono.
La prima volta che sono andato a Birkenau, ad esempio, è stato duro, commovente e sconvolgente vedere la nebbia. La nebbia mi impediva di intravedere o comunque di intuire – non li avrei visti comunque perché sono lontani - i confini del campo. E così ho avuto la netta percezione di essere capitato in un luogo che non finiva più. Di essere capitato dentro un lager infinito. E allora mi è venuto in mente che magari chi è stato deportato lì – ovviamente in una condizione ben diversa dalla mia - ha fatto lo stesso pensiero. Probabilmente ho provato un po’ del suo sgomento.
Quest’anno l’emozione più forte l’ho provata davanti alla teca che custodisce gli abiti dei bambini. Naturalmente li avevo già visti anche durante l’altra visita, ma li avevo in qualche modo archiviati nella mente come uno dei tanti documenti che comunque mi aspettavo di vedere. Nel frattempo, però, ad una mia carissima amica sono nati due gemelli, che adesso hanno sei mesi. E io sono andato un paio di volte nei negozi per bambini a comprare dei vestitini. Vestitini molto simili a quelli custoditi nelle teche di Birkenau. E allora l’emozione è stata forte, dirompente. Perché quei vestitini facevano leva sulla mia esperienza personale.
È la miccia dell’emozione che ci fa andare oltre la freddezza dei numeri e dei documenti, e ci fa vedere la grande storia come una storia di persone che sono come noi e che come noi possono soffrire." Carlo Lucarelli